lunedì 23 dicembre 2013

POST DI FINE ANNO.

Stavo pensando ad un post per concludere degnamente questo 2013, che per alcuni di noi (sentimentalmente) non è stato proprio un anno felice. Ho davanti questo foglio word bianco, che vorrei riempire di parole di speranza, come sempre si fa quando si parla di inizio di un nuovo anno. In realtà, mi rendo conto che la disillusione attanaglia un po’ tutti. Conosco bene le storie dei miei lettori: alcuni hanno conosciuto un amore che li ha abbandonati, e vivono nella convinzione che non ne troveranno un altro capace di regalargli le stesse emozioni.
Altri si sono lasciati scappare un amore, perché incapaci – al momento opportuno – di comprendere quello che stavano perdendo. Qualcuno riflette se tornare sui propri passi, o andar via dall’attuale situazione amorosa. Altri ancora invece vivranno un Natale sereno, e un inizio d’anno ancora più scoppiettante, perché avranno accanto la persona giusta. 
In base a tutte queste diverse situazioni, questo Natale ho riflettuto parecchio sul concetto di tempo applicato all’amore. Magari mi sbaglierò, ma io credo che l’amore non abbia bisogno di tempo.
Quanto tempo avete perso a riflettere sul fatto di  continuare o concludere la vostra storia d’amore?
Quanto tempo avete perso a capire se avete davvero voglia di condividere con la persona che vi ama e farebbe qualsiasi cosa per voi?
Quanto tempo avete perso a trovare un ruolo, una collocazione nella vostra vita, un’identità, alla persona con la quale magari per mesi avete fatto solo sesso, raccontando a voi stessi (e a quella persona) che l’intimità tra di voi non ha aumentato la vostra empatia e la vostra voglia di stare insieme?
Quanto tempo avete perso a riflettere sulla decisione di andare a vivere con colui/colei col quale state da molto tempo?
Quanto tempo avete perso a riflettere sul coraggio di esporvi con la persona che vi piace da morire, restando sempre fermi al punto di non dirle niente, e soffrire in silenzio tutte le volte che vi passa davanti?
Quanto tempo avete perso a non dire ai vostri compagni che desiderate un figlio da loro?
Quanto tempo avete perso a correre dietro a coloro i quali non vi corrispondono, soffrendo amaramente?
Questo post di Natale e di inizio anno non è rivolto a chi è felice e ha percorso tante tappe dal punto di vista sentimentale, no! Le mie parole questo Natale sono rivolte a coloro che sono rimasti in situazioni di stasi, che non gli hanno consentito di avanzare, fissare le basi, crescere, oppure semplicemente smettere di raccontarsi delle favole e orientarsi verso relazioni più concrete.
Se leggendomi vi siete riconosciuti in tutte le esperienze che ho appena elencato, il mio augurio di Natale e per il nuovo anno, è uno solo: che ognuno di voi possa trovare dentro di sé la dolcezza e il coraggio di sentirsi amato e di riuscire a riamare. Affinchè tutti sviluppino il coraggio di smettere di dipendere da un amore che sta troppo stretto, oppure al contrario, riescano a scambiare vicendevolmente una qualsiasi forma d’affetto con l’altro, e non solo perché è Natale, ma perché dal tempo e da come lo impieghiamo (o sprechiamo) dipende la nostra felicità.
Uscite per le strade, camminate nelle piazze, respirate a pieni polmoni ciò di cui avete bisogno, che sia amore, o che sia anche fine di un amore e coraggio di accettarlo. Ad ognuno il suo.
Cercate, nel nuovo anno, di non dover dire a voi stessi “è troppo tardi”.
Buone feste. Ci leggiamo a gennaio.

giovedì 19 dicembre 2013

Domani sera sarò presente al circolo Arcobaleno, artekreativa, via Pullino 1 a Roma, per una serata denominata AAA, AUTORI E ATTORI CERCASI.
Il mio amico (e attore) Mario Moretti, interpreterà un breve monologo scritto da me, e ci saranno altri autori che leggeranno e interpreteranno i loro scritti.

Sarà una serata divertente e diversa per tutti coloro che amano la letteratura e la scrittura. Vi aspetto numerosi!

lunedì 16 dicembre 2013

SENTIMENTI E GENERAZIONI.

E’ quasi Natale e ho fatto un paio di riflessioni importanti. Nessuna novità: mi sono concentrata come sempre - e prima di tutto - sulle relazioni, cercando di capire perché in linea di massima, facciamo fatica ultimamente a viverne di sane. Capitemi, non è una macro-situazione: è più un fatto applicabile solo ad alcuni di noi. In queste pagine non pretendo MAI di generalizzare. Non sono tanto presuntuosa, che ci crediate o no.
Se non avete mai letto Freud, oppure se ancora non lo sapevate, le nostre relazioni sentimentali (soprattutto per noi donne) sono lo specchio di quello che abbiamo vissuto nei primi anni d’infanzia. In verità, TUTTA LA NOSTRA VITA è lo specchio di quello che abbiamo vissuto in infanzia.
Se avete più o meno trent’anni, siete figli della generazione degli anni ’60. Siamo negli anni delle lotte, delle contestazioni, delle sfilate in piazza per ottenere dei diritti che oggi sembrano vacillare. Diamo un’occhiata alle donne: alcune di loro erano riuscite ad uscire di casa, ad emanciparsi indossando la mini gonna o bruciando i reggiseni in piazza. Altre invece erano ancora vittime di una mentalità che le voleva relegate in casa, a servire i propri uomini, e a desiderare di fuggire dai propri genitori per concretizzare il diritto alla libertà. Gli uomini facevano altro: lottavano, sfilavano per le strade, e ottenevano diritti di cui noi “giovani” godiamo ancora. Era una generazione figlia dell’ignoranza genuina dei campi, e dei lavori manuali che oggi non si sanno fare più, e abbracciava l’indipendenza godendo gli anni del boom economico. Tutto il contrario di quello che viviamo noi oggi. Noi siamo DI GIA’ indipendenti, perennemente “connessi”, abbastanza insoddisfatti di tutto ciò che abbiamo (e non perché lo abbiamo ottenuto noi, ma perché ce lo siamo trovato pronto), e in più, viviamo gli effetti della recessione sulla nostra pelle.
I nostri genitori sono scappati di casa per urlare un diritto alla libertà che li portava a stabilire delle relazioni amorose solo per la voglia di fuggire ed emanciparsi. Le donne in particolare fuggivano dai padri-padroni, e credevano che sposandosi e mettendo al mondo dei figli, avrebbero conquistato la tanto agognata indipendenza.
Quei figli siamo noi.
Cosa ci è rimasto? Niente. Il nulla assoluto. Non abbiamo bisogno di scappare da niente e nessuno, perché per noi la libertà è diventata il simbolo delle nostre esistenze. All’inizio di una relazione non dobbiamo dire che vogliamo essere liberi. Noi SIAMO liberi (salvo concederci notti di sesso folle, dopo le quali ognuno se ne va a casa propria). Noi non abbiamo bisogno dell’emancipazione: la nostra generazione E’ GIA’ emancipata sentimentalmente.
Non facciamo promesse, non giuriamo su ciò che abbiamo di più caro. Viviamo alla giornata e già ci sembra abbastanza sufficiente…
Siamo i figli di una generazione che ha scelto l’amore come forma di evasione, per scappare via da quattro mura troppo strette, o da genitori che erano abituati a dare ordini senza rispettare le scelte dei propri figli. Come possiamo pensare di riuscire a comprendere la vera essenza dell’amore, se tutto ciò che sappiamo dell’amore è che non esiste nemmeno?

Buona settimana.

lunedì 9 dicembre 2013

DONNE 30ENNI CHE HANNO GETTATO LA SPUGNA.

Quelle di noi che “non ce l’hanno fatta” giacciono tra le file delle derelitte, delle bistrattate, delle mal viste, di quelle che potevano ma non hanno voluto, di quelle che non volevano ma non hanno potuto.
La parola “zitella” ci piace poco. Sembra desueta, eppure se si fa una ricerca su internet, si scopre che esiste ancora: se la cercate su Wikipedia, troverete una definizione brevissima: donna non sposata. Breve, conciso, ma del tutto esplicativo.
Eccoci, ci vedete camminare ogni giorno in questa città in cerca di un’identità che ci porti ad essere riconosciute come “persone normali”. Si, perché abbiamo 30 anni, e se siamo sole, qualcosa è andato storto. Siamo affette da una malattia incurabile? Per il resto della popolazione che la fa facile, si. Secondo noi, siamo semplicemente delle incomprese.
In alcuni casi bellissime, in altri, meno, ma comunque ugualmente affascinanti. Dotate sicuramente di una marcia in più rispetto a chi “in coppia” ci sta già. Precarie o affermate nel mondo del lavoro, sportive, truccate, vestite sempre in tiro, in cerca di quell’accessorio che non è per forza vintage, ma ci DISTINGUE.
DISTINZIONE è la parola giusta per noi. Noi single non nasciamo MAI omologate. Siamo troppo dirette, troppo sincere, troppo concentrate a ricercare la perfezione in questi uomini italiani che ormai sono da buttare via. Se camminate per strada ci distinguete al volo: sul marciapiede laggiù ci sono tutte le “accoppiate”. Dall’altra parte poi ci siamo noi: DIVERSE. FORSE UNICHE.
Noi non ci accontentiamo, non amiamo portare le corna e fare finta di niente, non abbiamo paura di restare sole (e se ce l’abbiamo, è meglio non farlo sapere a nessuno). Non vogliamo “dipendere da qualcun altro” (ma quanto ci costa tirarci su da sole). Viviamo di appuntamenti mancati e di appuntamenti a cui speriamo di non mancare. Quando ci invitano ai matrimoni, sanno già che ci stanno chiedendo la luna: non amiamo presenziare a questi appuntamenti, e nella maggior parte dei casi, al momento del lancio del bouquet, non ci azzuffiamo per acchiapparlo, ma siamo già a casa nostra, a chiacchierare al telefono con la nostra amica, a leggere il libro del nostro autore preferito, a stirarci la camicia che indosseremo domani in ufficio. A noi, quando ci invitano ad un matrimonio, è tutta una difficoltà: non sanno manco a quale tavolo farci accomodare, perché un tavolo per i singles è quasi prevalentemente formato solo da altre donne come noi, e allora, le possibilità di conoscerne uno giusto, si riducono ancora di più.
Conosciamo bene tutta la serie di “sex & the city” - perché francamente nessun telefilm ci potrebbe rappresentare di più - ma noi al massimo possiamo arrivare all’ultima puntata , quella in cui Mister Big va a riprendersi Carrie a Parigi. Da intendersi, i nostri uomini non sono mai venuti a prenderci manco sotto casa, perché NOI, nell’immaginario collettivo, non siamo quelle da sposare e da amare romanticamente, no! Noi siamo le amanti, o comunque quelle che gli uomini considerano così emancipate da farle guidare da sole di notte per raggiungerli ovunque.
Viviamo di appuntamenti mancati e di appuntamenti a cui speriamo di non mancare. Abbiamo avuto qualche GROSSO appuntamento mancato, e cioè quello con l’uomo che ci ha rubato il cuore per sempre. Per lui, forse avremmo rivisto persino le nostre idee sulla famiglia, e magari avremmo pure fatto il grande passo. Peccato non sia andata.
Non chiedetemi perché non è andata. Molte di noi ci vanno in analisi per capirlo. Altre, semplicemente lo accettano e basta. Soffrono, ma lo accettano e si abituano a presentarsi da sole alle feste di Natale in famiglia, ai capodanno con gli amici, alle gite fuori porta di Pasqua e Pasquetta. Da sole, perché così hanno imparato a camminare. E a volte ci piangono un po’, altre si guardano intorno e dicono “meno male che non ho fatto la stessa fine di quella o quell’altra”.
Ci sono 30enni singles che ce la fanno. Io ho una mia teoria: se hai superato i 35 e sei ancora sola, allora niente ti potrà strappare alla dolce-amara singletudine. A 35 sei una donna fatta: conosci bene te stessa e sai di che pasta sei fatta. Sai con quanti uomini diversi ti va di dormire in un anno, e nel tuo letto non c’è più posto per il principe azzurro. Disillusione, stanchezza, paura, sapersi bastare, chiamatelo come vi pare.
Qualcuna di noi 30enni single, a volte ha un cruccio, rappresentato non tanto dalla paura di non riuscire a trovare l’uomo perfetto, quanto da quella di non riuscire mai ad avere un figlio, che è un fatto per cui l’intera società attuale, ancora ci condanna: se sei donna e non hai un figlio, non puoi propriamente dire di esserlo al 100%.
Giorni fa ero a lavoro e stavo facendo il turno con una collega che ha tre figli. Mentre parlava ininterrottamente di loro, e della sua vita dedicata totalmente e interamente a loro, le si è spezzata un’unghia, e naturalmente non aveva con sé una limetta per riparare al danno. Ebbene, noi 30enni singles non abbiamo figli, ma nella maggior parte dei casi, riusciamo ugualmente a sentirci donne, perché quando ci si spezza un’unghia, abbiamo quasi sempre una limetta nella nostra borsetta. Mentre cercava di riparare alla rottura dell’unghia, la collega con tre figli mi ha detto una frase che un po’ mi ha tirato su il morale:
“In fin dei conti, al giorno d’oggi puoi fare un figlio anche fino a 42 anni”.

Ho tirato un sospiro di sollievo pensando che IO ho davanti a me ancora ben otto anni. Eppure, riguardo all’amore vero, la mia spugna l’ho gettata già da tempo…

lunedì 2 dicembre 2013

IL DIRITTO DI ESSERE SINGLES.

Mi sono stancata! Noi singles non godiamo di alcun privilegio in questa società! Veniamo continuamente bistrattati perché normalmente si è abituati a “pensare in due”. Non veniamo considerati come entità a sé stanti tutte le volte che giriamo per la città, guidiamo, andiamo a fare la spesa, respiriamo.
Non bastava lo scotto di pagarsi l’affitto da soli (più alto per i monolocali), o il mutuo tutto sulle nostre spalle, no! Non bastavano le offerte nei supermercati di cui non possiamo usufruire perché sono concepite solo come “pacchi famiglia” - e con la vita “libera e sregolata” che facciamo, se ne compriamo uno e lo apriamo per cucinare una sera, poi marcisce nel frigorifero per il resto dei giorni -.  Non bastavano i crucci dei nostri familiari a Natale, perché “noi siamo quelli che non si sono ancora sistemati e non hanno ancora messo la testa a posto”. Non bastavano le lenzuola fredde in pieno inverno quando ci infiliamo a letto soli, e i prezzi dei soggiorni negli hotel, dove una singola costa molto più di una doppia…
…Da anni siamo tartassati anche sul posto di lavoro. Non sto parlando di mobbing o di stalking da parte dei nostri capi, bensì del fatto che siamo considerati persone le cui vite valgono meno  rispetto a quelle degli accoppiati, degli sposati, o di quelli che hanno un figlio. Ne volete una prova? Ve la fornisco subito: coloro che hanno dei figli, usufruiscono della malattia per i figli, ma anche di periodi “off” denominati “congedi parentali”. Di fronte ad ognuno di questi due privilegi, le aziende non possono dire no. Parliamoci chiaro: ovviamente non ho alcun dubbio riguardo alla correttezza di una legge che consente di passare più tempo con i propri figli, MA HO MOLTO DA RIDIRE INVECE, SULLA MANIERA DI USUFRUIRNE CHE I GENITORI POSSIEDONO.
In Italia si sa, la legge viene sempre travisata o utilizzata per scopi poco giusti: la maggior parte dei genitori che usufruisce dei congedi parentali, ha la premura di farli cadere SEMPRE in periodi strategici. I turnisti lavorano di domenica, a Natale, a Santo Stefano, a Pasqua, a Ferragosto, di notte, di giorno e di pomeriggio. I GENITORI TURNISTI INVECE, USUFRUISCONO DEI CONGEDI PARENTALI FACENDOLI CADERE QUASI SEMPRE NEL PERIODO DELLE FESTIVITA’, OPPURE DI DOMENICA. Non si curano minimamente né delle necessità delle aziende per le quali lavorano, e ancor meno di quelle dei colleghi ai quali non vengono riservati gli stessi privilegi.
Quale privilegio possiedono nei posti di lavoro, le coppie senza figli, e soprattutto i singles? Certo, possono usufruire di periodi “off” se i loro parenti hanno bisogno di essere accuditi (legge 104). Hanno le ferie programmate e quelle non programmate. Hanno le malattie se sono loro a stare poco bene. MA DOVE SONO I PERIODI “OFF” CHE LI EQUIPARANO AI GENITORI? VE LO DICO IO: NON CI SONO, E SAPETE PERCHE’? PERCHE’ LA VITA DI UN SINGLE SENZA FIGLI, NON E’ CONSIDERATA IMPORTANTE COME QUELLA DI UN GENITORE.
Voi pensate che io scherzi oggi mentre scrivo questo post? Niente affatto, sono serissima. Dove è scritto che le persone che decidono di non mettere al mondo dei figli, abbiano una vita meno importante, di chi decide di farne? Certo, E’ OVVIO E SACROSANTO CHE LA VITA DI UN GENITORE SIA PIU’ INCASINATA RISPETTO A QUELLA DI UN SINGLE! Deve essere difficilissimo lavorare, mandare avanti una casa, portare i figli a scuola e andare a riprenderli, portarli a nuoto o a tennis, passare del tempo con loro, fare la spesa, pagare le bollette, lavare, cucinare, stirare, ecc ecc. Nessuno afferma il contrario. Ma allo stesso modo, chi può stabilire che la vita di un single non sia altrettanto semplice?
I singles hanno una casa anche loro, e anche loro devono mandarla avanti (non necessariamente perché ci vivono con altre persone, ma soprattutto perché ci vivono loro!). i singles lavorano, fanno la spesa, cucinano, lavano, stirano, fanno sport, vedono gli amici, E SE SONO FORTUNATI COME ME, OGNI TANTO HANNO STORIE SENTIMENTALI CON ALTRI SINGLES. Ecco qua dunque: la loro vita è uguale a quella di un genitore, con un’unica differenza: I SINGLES NON HANNO DECISO DI METTERE AL MONDO DEI FIGLI.
E CON CIO’? DEVONO ESSERE BISTRATTATI, O COSTRETTI A LAVORARE COME TAPPABUCHI NEI PERIODI DI FESTA PERCHE’ IN ITALIA ESISTE UNA LEGGE CHE CONSENTE AI GENITORI DI USUFRUIRE DI PERMESSI SPECIALI PER STARE CON LA LORO FAMIGLIA?!
Anch’io ho una famiglia: mia madre e mio padre, con i quali mi piacerebbe passare del tempo extra che forse potrebbe essermi concesso durante una pausa lavorativa.
Anch’io ho degli amici, che forse non saranno importanti quanto dei figli, ma chi può dirlo con certezza? CERCATE DI COMPRENDERMI E DI ANDARE OLTRE UNO SFOGO CHE PUO’ SUONARE SOLO COME UN MIO CAPRICCIO: CHI E’ CHE HA DECISO CHE AVERE UN FIGLIO SIA IMPORTANTE QUANTO AVERE UNA VITA PRIVATA? CHI E’? MA SOPRATTUTTO, DOVE E’ SCRITTO CHE IL TEMPO LIBERO DI UN SINGLE, DEBBA ESSERE CONSIDERATO MENO IMPORTANTE DI QUELLO DI CHI DECIDE DI AVERE UNA FAMIGLIA?
PORTATEMI UN DOCUMENTO DOVE C’E’ SCRITTO CHE PER ESSERE VERAMENTE DELLE “PERSONE COMPLETE”, SI DEBBA ESSERE PER FORZA PRIMA GENITORI, AVANTI!
Lo so che la mia polemica rimarrà sterile e inascoltata come sterili e inascoltate rimangono molte polemiche nel nostro paese, però attraverso queste pagine ci tenevo a dire la mia, ribadendo che non ho nulla contro chi decide di mettere al mondo un figlio. Però ad esempio ho molto da dire riguardo al fatto che chi decide di mettere al mondo un figlio, e non sigla la propria scelta con un accordo che si chiama matrimonio, rischia di incorrere in pericoli burocratici che non sono da sottovalutare.
Cercate di leggere tra le righe di questo mio libero sfogo: non sto davvero chiedendo una legge che tuteli il tempo libero di noi singles sui posti di lavoro, è ovvio. Non sto chiedendo più ferie e più periodi “off” in un momento storico in cui il lavoro nel nostro paese è un’utopia.
Sto solo chiedendo di aprire la mente e cercare di comprendere che i singles, così come le coppie di fatto, gli omosessuali e le lesbiche, RAPPRESENTANO UNA LARGA MAGGIORANZA BISTRATTATA IN QUESTO PAESE DALLE VISIONI ULTRA-CATTOLICHE, IN CUI NON SEI CONSIDERATA DONNA O PERSONA, SE DECIDI DI NON METTERE AL MONDO UNA VITA.



lunedì 25 novembre 2013

"LA TROMBATA RIMPATRIATA"

Ultimamente essere felici è diventato molto difficile (ed è anche un po’ passato di moda, diciamocelo). Viviamo in una società che ci vuole “nati per soffrire”. Tanto per cominciare, circolano sempre meno soldi, quindi dobbiamo accontentarci di tutto, in ogni ambito (come dite?! I soldi non fanno la felicità?! Bè, voi provate a non averne…).

Ci accontentiamo dello stipendio a fine mese (grazie a Dio, alcuni di noi ne possiedono ancora uno), dei prodotti del discount che ci consentono di risparmiare, della pizza mangiata in casa anziché in pizzeria (dove spenderemmo di più!), delle auto che guidiamo, dei conti in banca a zero spese che apriamo, degli abiti senza marca che acquistiamo. Certe volte ci accontentiamo persino degli uomini coi quali usciamo (senza contare che molte di noi, si accontentano ANCHE di sposarne alcuni!!!). Insomma, parliamoci chiaro: questa vita in era di recessione, talvolta ci porta a mandare giù qualche boccone amaro.

A riflettere bene, cosa è rimasto in queste nostre povere vite, a far prendere una piega diversa alle nostre giornate? Ve lo dico io: il sesso.
Il sesso è l’unica cosa che ancora può salvarci in questa immensa valle di lacrime. Il sesso fatto bene, è l’unico sfogo del quale possiamo ancora godere in questo pianeta di ingiustizie e di privazioni. Eppure, anche il contorto mondo delle relazioni interpersonali, non sempre ci regala soddisfazioni in quell’ambito. Le incomprensioni tra uomini e donne sono sempre più diffuse: conosciamo uomini che sembrano interessati a sposarci da subito, e invece dopo due settimane di conoscenza, scopriamo di aver giocato solo al gioco dello “svuota-palle”. Oppure siamo noi donne a non essere sicure del tipo di relazione che vorremmo davvero dai nostri uomini (il breve passo dal sesso all’amore, è difficile da gestire). Volente o nolente, il sesso occasionale che si mette in pratica con sempre meno “occasionalità”, complica i rapporti.

E allora, per sfuggire a tutte queste paranoie, ma allo stesso tempo per non negarci le piccole gioie della vita quotidiana, ecco che arriva in nostro soccorso un rimedio inventato dalla mia amica E., ovvero, “la trombata rimpatriata”.
Per “trombata rimpatriata” non si intende quell’appuntamento stabilito che di tanto in tanto decidiamo di avere col nostro “amico con beneficio”, e ovviamente, nemmeno quello che si consuma con i nostri partner fissi; si tratta piuttosto di un tuffo nel nostro passato sentimentale, che è sempre in voga. Tutti noi abbiamo avuto dei partner (trombamici, e amici con benefici) che appartengono al passato, e che a differenza di quelli ormai “archiviati”, ci piace rispolverare di tanto in tanto. La “trombata rimpatriata” è come quando hai messo nel cassetto un gioiello che pensavi di non indossare più, e che invece, in un momento di crisi, sei riuscita ad abbinare ad un abito nuovo. È quel vintage che non passa mai di moda insomma!!!

E così qualche giorno fa la mia amica E. è partita alla volta del suo gioiello vintage, salendo su un aereo che l’ha portata dritta dritta da lui. Complice il social network, e le infinite possibilità che ci dà di risentire persone che avevamo messo nel dimenticatoio, in meno di un’ora ha raggiunto il tizio che non vedeva da un po’ (ma che suscitava nei suoi pensieri un interesse mai sopito).

Ovviamente, per fare in modo da assicurare una buona riuscita alla “trombata rimpatriata”, bisognerebbe essere veramente sicuri che un interesse non sia ormai spento, e che i chilometri che maciniamo per rivedere una persona, valgano l’incontro. Se non ci sono queste condizioni, rischiamo di fare un buco nell’acqua, e di trovare un palliativo poco piacevole al momento di noia che stiamo vivendo.
Assicuratevi quindi che la persona che state per “rispolverare” sia quella alla quale sempre pensate con rammarico, dicendo a voi stessi “però, chissà come poteva essere con lui/lei…”. Ed infine, non sentitevi in colpa: i momenti di grigiore vanno e vengono, esattamente come i momenti di “splendore sentimentale”.

Per attuare la “trombata rimpatriata” vi è consentito l’uso di ogni tipo di mezzo: ci sono quelli che trovano una foto su whatsapp e riconoscono in quel viso un numero di telefono che in passato hanno composto molte volte. Ci sono quelli che non si ricordano più i cognomi, ma tengono costantemente d’occhio il social network per capire se i loro ex sono ancora liberi. Infine, ci sono quelli che semplicemente hanno tenuto QUEL numero in rubrica perché non hanno mai smesso di pensare che un giorno avrebbero potuto usarlo di nuovo.
E voi? Vi vedo, vi vedo! State facendo scorrere la rubrica del vostro smart phone col pollice, in cerca di quel nome che non avete dimenticato mai!

Enjoy! ;-)

lunedì 18 novembre 2013

PERCHE' ORMAI LE DONNE PREFERISCONO I GAY...

Modestamente nella mia vita ho già incontrato ogni genere di uomo:
-          Lo sposato (ce l’ho)
-          Il fidanzato (ce l’ho)
-          Il single che non vuole accoppiarsi manco morto (ce l’ho… e pure più di uno!)
-          Il musicista che ama solo la sua musica e nessun’altro al mondo (ce l’ho)
-          Il depresso (ce l’ho)
-          Il separato con figli (ce l’ho)
-          Il separato senza figli (pure)
-          Lo sfigato (ce l’ho)
-          Lo squattrinato (ce l’ho)
-          Il depresso sull’orlo del suicidio (ce l’ho)
-          L’alcoolista (ce l’ho)
-          L’analista (ce l’ho, ma avrebbe avuto più bisogno di un analista dal quale farsi curare lui stesso…)
-          Il sinistronzo (ce l’ho)
-          Lo scrittore di poco successo (ce l’ho)
-          L’accollo disumano (non mancano mai!)
…e mano mano che mi verranno in mente, ne aggiungerò di altri…

Fatto sta, che non avevo ancora mai avuto un genere di uomo nuovo, ovvero “il gay dal quale sono attratta”. Sento già le vostre risatine di sottofondo e vedo persino qualcuno tra voi iniziare a sbellicarsi.
In verità, in un certo senso “me la sono sempre fatta con i gay”, perché nella mia vita ho sempre avuto un numero infinito di amici gay. Agli aperitivi o nelle serate romane, è più facile beccarmi in giro con loro, che in un “gallinaceo” gruppo di donne.

Qualche sera fa ero ad una rappresentazione teatrale in un locale con un gruppo misto di amici, e siccome il locale era gremito, per riuscire a bere un drink in pace, bisognava dividere il tavolo con qualcuno. Da buona single quale sono (ed essendo accompagnata da altre due o tre amiche singles), prima di scegliere il tavolo “giusto”, ho dato una veloce occhiata a quelli disponibili. In un grosso tavolo poco lontano da noi, erano seduti cinque ragazzi, di cui due o tre veramente carini. Detto fatto, scegliamo QUEL tavolo.
Cinque minuti di conversazione con i ragazzi in questione e qualche “movenza” da parte loro, e ho capito subito che appartenevano alla parrocchia di Nostra Signora degli omo!!! Serata unica, risate da pazzi, e la tipica sensazione che sempre sento quando sto con loro, di conoscerli da tutta una vita.

Ultimamente però mi capita un fatto strano: alcuni di loro (in genere quelli che hanno un atteggiamento più virile) smetto di vederli come fratelli e passano automaticamente dalla parte di quelli che “fanno sangue”. State ancora ridendo vero? Si, può darsi che io sia particolarmente umoristica, ma bisogna ammetterlo: i miei “fratelli parrocchiani” sono talvolta irresistibili.
Hanno fisici scolpiti e camicie attillate che lasciano intravedere i muscoli. Seguono corsi di fitness e mangiano sano e regolare. Curano il proprio corpo e il proprio aspetto, al punto che molte donne, si voltano a guardarli quando passano. Hanno interessi coinvolgenti e in qualche caso, un livello di cultura veramente considerevole. Non voglio poi generalizzare (come sempre si fa quando si parla di omosessuali) riguardo alla loro sensibilità. Ad eccezione di quelli invidiosi e un po’ frustrati (che si comportano peggio delle donne incattivite) con la maggior parte di loro si possono affrontare discorsi profondi ed avere quasi sempre la certezza di essere comprese.

Riflettiamoci: cosa hanno i nostri uomini etero da offrire rispetto ai gay? La maggior parte degli etero sono fortemente inaciditi e frustrati, ed entrano in competizione con le donne per la più semplice delle questioni. Non vogliono più impegnarsi in storie d’amore, né in trombatine occasionali con cui sollazzarsi di tanto in tanto. Non si prendono nemmeno più la responsabilità del rischio di conoscere meglio una donna, tanto sono colpiti da una sindrome di indolenza veramente fuori dalle righe.
In ultimo, visto il periodo di crisi e recessione che stiamo vivendo, hanno preso questa brutta abitudine di scroccare cene, pizze, aperitivi e drink dalle donne che “portano fuori”.
In più, sono affetti da uno strano delirio di onnipotenza che li ha convinti (non chiedetemi perché) di essere diventati loro quelli da corteggiare, e non più il contrario.
ORA, PREGASI NOTARE LE DIFFERENZE:
Qualche sera fa sono stata a cena dal mio amico gay: ha ordinato due pizze sotto casa sua che erano la fine del mondo, ed ha insistito per pagarle perché io ero sua ospite. (gli etero, grasso che cola ti offrono un drink, ma se possono evitare di farlo, è meglio).
Sorvolo poi sul fatto che è uscito dal portone con una Polo nera attillata, e io ho non ho potuto resistere al “rimirare del muscolo”.
Ha dei modi gentili, ma al contempo un atteggiamento virile, e ciò mi riporta alla mente la smisurata maleducazione che possiedono la maggior parte degli etero con cui sono uscita finora.
Abbiamo parlato di libri, cinema, politica, attualità, sport e quant’altro. Molti degli uomini trentenni etero attualmente in circolazione, sono settati su tre argomenti: il calcio, la figa, i motori.
Alla fine della serata col mio amico gay, per un momento mi è balenata in testa l’idea che sarebbe veramente bello poterla concludere spingendosi oltre. Impossibile, irrealizzabile, inattuabile. Forse potrebbe accadere alla fine di una serata durante la quale entrambi abbiamo bevuto molto, e comunque, mai dire mai.
Eppure resta, nella mente di noi donne (tutte) il senso di sconfitta. Li guardiamo e condividiamo con loro risate, lacrime, abbracci, viaggi, confessioni, e ogni genere di esperienza che in qualche angolo recondito del nostro cuore vorremmo condividere con un uomo etero. Il fatto è che così come non possiamo cambiare la sessualità delle persone (grazie a Dio!) ma solo rispettarla, non possiamo nemmeno cambiare gli uomini etero del 2013.
Era uno dei capisaldi di una delle più belle canzoni di Mia Martini: gli uomini, non cambiano. Non diventano come noi li desideriamo, semplicemente perché andrebbe contro la loro natura di esseri umani. E in più, purtroppo, non diventano nemmeno etero dopo aver compreso di essere gay!
Dopo la pizza e le splendide chiacchiere, il mio amico gay mi ha accompagnata alla macchina (un cavaliere gentile non lascerebbe mai una donna sola per strada di notte) e ognuno è andato a dormire nel proprio letto.

Che mondo migliore sarebbe per noi donne, se ogni uomo etero che si incontra, fosse come lui. (sospiro).

lunedì 11 novembre 2013

IL FASCINO SEGRETO DI CERTI QUARANTENNI SPOSATI.

Qualche settimana fa, in un mio post ho parlato malissimo di certi uomini 40enni sul viale del tramonto, etichettandoli come dei moderni coatti de' Noantri, che girano per la città in atteggiamento gaiamente molesto nei confronti delle giovincelle. Era ovviamente un post dal tono ironico – come quasi tutti i miei post – ma terribilmente tagliente e veritiero.

Oggi voglio parlare di un'altra categoria di 40enni, certamente più fortunata della prima: quella degli aitanti, prestanti, e maturi uomini sposati.
Nella terribile giungla in cui ci barcameniamo ogni giorno noi fanciulle single, tutto è stato già visto, già sentito, e già provato: abbiamo avuto i 20enni con l'atteggiamento adolescenziale ai quali dovevamo insegnare qualsiasi cosa, perennemente arrapati, e convinti che il sesso si dovesse fare come lo fa Rocco nei suoi film.
Abbiamo avuto i 30enni immaturi e inconcludenti, ai quali abbiamo cercato di far capire che l'amore è altro dal conoscersi, uscire per un drink, accoppiarsi, e poi mollarsi perchè “si preferisce restare liberi”.
Abbiamo avuto gli ultra-trentenni/quasi quarantenni col cervello e l'intelligenza artificiale equivalente a quella di un acaro, attaccati alle loro madri come i cuccioli di marsupiali nel deserto australiano.
Insomma, abbiamo avuto (e visto) più o meno di tutto.
Eppure c'è una categoria che – devo ammetterlo – non ci delude mai; si tratta dei 40enni aitanti e sposati. Per loro bisogna scrivere un post a parte, perchè loro SONO un mondo a parte.

In genere li vedi girare per la città in jeans attillati e “Stan Smith Adidas” ai piedi (o sneakers generiche). Le t-shirt americane che indossano (o le camicie dal taglio finemente curato) incorniciano corpi e fisici degni dei Bronzi di Riace. LORO si allenano da tutta la vita, e non hanno mai smesso! Per loro la cura del fisico va di pari passo con quella del cervello, per questo motivo tengono molto a mantenere un'alimentazione equilibrata. Hanno visi sbarbati e sopracciglia finemente curate, e se anche soffrono per la perdita dei capelli, le loro teste sono minuziosamente rasate.
Non stiamo parlando di omuncoli qualsiasi che hanno utilizzato la chirurgia plastica come escamotage per restare giovani, no! Su di loro i segni del tempo si vedono eccome! Ma hanno rughe messe lì al posto giusto, e comunque non invadenti al punto tale da fargli perdere fascino.

Di fascino ne hanno da vendere: intanto, pur facendo finta di essere “anziani”, sono perfettamente consapevoli del fatto che esistono un mucchio di uomini più giovani di loro ma “tenuti male”, con i quali non c'è assolutamente gara, e quindi, utilizzano questa falsa modestia che li caratterizza, per diffondere in giro la voce che “no, alla loro età è praticamente impossibile che facciano colpo su una 30enne”. Niente di più falso. E infatti, essendo già storicamente navigati, loro non agiscono, non fanno mosse. Di tanto in tanto lanciano un piccolo sasso nello stagno di noi 30enni, e vi assicuro che questo sasso produce diversi cerchi nell'acqua. Il 40enne aitante non ci rimane indifferente, e non perchè c'è mancata la figura paterna o altre stronzate di psicologia spicciola, ma semplicemente perchè non resistiamo al fascino di un uomo maturo ancora nel fiore degli anni.

L'unica questione veramente insopportabile legata ai 40enni aitanti, sono le loro mogli ciccione che hanno figliato almeno un paio di volte (ai tempi in cui il loro era ancora un amore con la “A” maiuscola). Le vedi perlustrare il profilo Fb dei loro bei consorti con aria da Gestapo, buttando qua e là qualche commento finto innamorato che dovrebbe lasciar intendere che i due si amano ancora come il primo giorno. Niente di più falso: non solo i due non fanno sesso da tempo immemore, ma la dura verità da accettare, mie care donne, è che spesso purtroppo, mentre gli uomini acquistano fascino in età matura, le donne ingrassano, si inacidiscono, e in generale, diventano delle gran rompicoglioni, peraltro del tutto consapevoli del fatto che portano in testa un numero illimitato di corna, tipo cesto di lumache. Ma tant'è: per molte donne, è sempre meglio tenersi in testa i cesti di lumache, che essere abbandonate con prole e rischiare di morire sole e piene di debiti.

I 40enni aitanti/sposati, quindi, sono molto ma molto furbi: fanno continuamente finta di cadere dal pero. Loro non fanno, non dicono, non agiscono, non c'erano (e se c'erano non hanno visto). Insomma, a sentirli parlare, loro non giocano MAI a sentirsi giovani accompagnandosi a delle fanciulle 30enni piene di vitalità. Si, come no! E io sono bionda!
La verità è che frequentare un 40enne aitante e sposato, per una 30enne single equivale a farsi un bel giro di giostra: si tratta di uomini dotati di una galanteria e di un savoir-faire che i 30enni possono solo sognare. Sono romantici, gentili, fintamente intimiditi, ma realmente abili a sedurre, e soprattutto, molto preparati a letto. Non dimenticate che non fanno più sesso con le loro mogli, quindi, prima di essere indirizzati verso un oggettivo “viale del tramonto”, tendono a giocarsi le ultime cartucce.

Una raccomandazione però la devo fare a tutte le fanciulle che si ritrovano nelle grinfie di questi baldi: tra tutte le cose che vi diranno e le frasi che pronunceranno, ce n'è una alla quale NON DOVETE CREDERE MAI. Quando la sentirete pronunciare, guardateli dritti negli occhi e fatevi una risata sonora, ricordando a loro e a voi stesse, che razza di creature splendide siete. In più, aggiungete che lui per voi rappresenta solo un giro di giostra. E tenetevelo bene a mente questo concetto, perchè il 40enne sposato, NON LASCERA' MAI LA PROPRIA MOGLIE PER VOI. È risaputo, matematico, certo, sicuro: i 40enni aitanti/sposati NON LASCIANO MAI LE LORO MOGLI!
RIPETO: NON LASCIANO MAI LE LORO MOGLI!
Lo dicono, lo sostengono, si lamentano di loro, MA NON LE LASCIANO MAI!
Ciò detto, se tenete bene a mente questa semplice regola, potrete godervi in santa pace e senza complicazioni di sorta il vostro giretto di giostra.
Se invece siete fanciulle dal cuore tenero, e soprattutto credete ancora nelle favole, girate alla larga da questi individui. Non basta essere belline e avere un cervello con questi qui: bisogna avere polso ed essere donne preparate.
A lunedì prossimo!


lunedì 4 novembre 2013

MULTI TASKING MEN.



Voi direte: tempi moderni, non ci stupiamo più di nulla. Eh si, in parte è anche vero e non pretendo di darvi torto. Nel mondo, così come nel vasto pianeta delle relazioni sentimentali, gli accadimenti sono strani e disparati. Ci sono coppie che stanno insieme per una vita e poi magari si separano due giorni dopo il matrimonio o il concepimento di un figlio.

Ci sono coppie che per una vita NON stanno insieme: hanno storie con altri, non cercano un legame stabile e stabilito ma si vogliono bene in maniera “diversa”.

Ci sono coppie che sono felici “a scambiarsi” con altre coppie, e vivono serene così...

...e infine, ci sono coppie formate da donne etero e uomini gay, che mettono su famiglia!!!



Come come? Ma si, avete letto bene: ci sono coppie formate da donne etero e uomini gay che vivono felici e contenti così!!!



Ebbene, possiedo centinaia di amici maschi gay. Alcuni di loro (pochi in verità) hanno relazioni stabili con altri uomini e sono anche molto fedeli. La maggior parte colleziona storie di poco conto. Una sera, massimo due, il tempo di “consumare” e poi addio. I social e le chat su telefoni mobili, sono forieri di questo tipo di incontri fugaci dalla durata ancor più ridotta. Ed è proprio attraverso i social e le chat, che uomini etero che possiedono vite sentimentali stabili con delle donne, si procacciano amanti omosessuali fugaci. Attenzione, non sto dicendo che è una pratica in voga negli ultimi tempi: l'omosessualità celata e nascosta è sempre esistita, e da sempre finti uomini etero impegnati con donne, passavano allegramente il loro tempo con degli uomini. Ciò che mi fa sorridere, è la maniera in cui spesso le donne accettano certi fatti facendo finta di non sapere.



Le donne (certe donne, anzi, molte donne, anzi, la maggior parte delle donne) preferiscono avere i paraocchi. Un tempo, piuttosto che restare sole, si sarebbero tenute uomini che le tradivano con altre donne. Oggi è cambiato pochissimo: piuttosto che stare sole, si terrebbero anche uomini che le tradiscono con altri uomini. E che differenza fa? Un tradimento è pur sempre un tradimento, direte voi. Tecnicamente si. Ma nella pratica, un uomo che ti tradisce con un altro uomo, è uno che ti fa ancor più cadere le braccia, perchè a quel punto in quanto donna, non hai nemmeno più un termine di paragone al quale aggrapparti con disperazione: a tuo marito non piace la pussy, ma il pisello (oppure tutti e due!!!).

Ohibò, e ora mettici una pezza!!!



Normalmente questa tipologia di uomini multi-tasking, vengono schifati persino dal mondo gay: i gay, essendo uomini molto pragmatici, sono soliti sollazzarsi con loro per mere ragioni fisiche e nient'altro. I gay non sono come noi donne: se hanno davanti un furbo, uno a cui piace tenere il piede in due scarpe, uno a cui piace sia la carne che il pesce, uno già impegnato insomma, loro non lo giustificano, non lo perdonano, non se lo tengono tutta una vita sperando che cambi.

I gay sono realisti: accettano le situazioni, prendono atto del fatto che a star soli ci si può anche guadagnare (piuttosto che spendere il proprio tempo con uomini così), e sono in grado di prendere gli uomini per quello che sono.

I gay, sono avanti: il loro realismo e la loro concretezza, non mi disarma, anzi, mi spinge all'emulazione. Per questo forse sto tanto bene con i gay e la maggior parte di loro mi adora.



Le donne invece, hanno compiuto percorsi tortuosi e tuttora impervi: nonostante la rivoluzione sessuale e l'avvento del femminismo, la nostra sensibilità e fragilità di fronte al mondo, resta. Così come resta il terrore della solitudine, del ticchettio inesorabile e puntuale dell'orologio biologico, che non può fare a meno di ricordarci che per noi il tempo che passa, vale eccome. È forse per questo motivo che molte donne sono portate ad accettare tutto: accettano le prese in giro, gli amori finti; accettano le violenze domestiche; accettano che il loro uomo le tradisca con un altro uomo. Tutto, tranne che la solitudine.



Ci sono donne fiere del loro status di “maritate”, e fiere dei figli che hanno cresciuto. Sono quelle che hanno arredato la loro casa con estremo gusto, e si identificano in questa società come “donne di classe”. Queste donne però, possono definirsi felici solo a metà, perchè non portano sulle spalle solo il peso dei tradimenti dei loro mariti, ma bensì la zavorra dei tradimenti dei loro mariti con uomini dello stesso sesso.

E ai loro uomini double-face invece, cosa dico? Questo:

Oggi mentre scrivo questo post dal mio appartamento a Cinecittà, in un quartiere poco distante si celebrano i funerali di Simone, un ragazzo gay morto suicida perchè questa società non lo accettava. Lo so, è ridicolo: nel 2013 dovremmo finalmente essere tutti educati e abituati al concetto di integrazione e accettazione dell'altro, superando ogni stupida barriera. Tuttavia, un altro ragazzo si è tolto la vita in questa città, vittima consapevole di chi gli puntava contro il dito.

Certe cose purtroppo accadono perchè non si possiede ancora la libertà di auto-dichiararsi. Nei posti di lavoro, nei luoghi pubblici, sull'autobus, in metro, per la strada, chi è considerato “diverso” viene ancora additato. Simone si è ammazzato, mentre tanti uomini non arrivano proprio a farlo, ma portano avanti vite “nascoste”, segrete, solo perchè la famiglia viene ancora concepita come “uomo+donna = figli”, e dichiarare i propri gusti in ambito sessuale è tuttora considerato scandaloso.

Sono convinta che la maggior parte degli uomini con famiglia, impegnati con donne, e che cercano amori gay fugaci in rete, siano vittime di un sistema che li vuole uniformati, e che li taglierebbe fuori, se solo avessero il coraggio di dire al mondo intero come vorrebbero essere veramente.

Questo blog non ha la pretesa di cambiare il mondo, né le vedute di quelli che hanno sguardi troppo stretti sulla vita. Però nel mio piccolo posso concludere un post che nasce come ironico, in maniera seria, ricordando Simone, e stando vicina a tutti i miei amici gay che soffrono la condizione di non potersi dichiarare, né alle loro famiglie, e tanto meno al resto della gente.

Io sono dalla vostra parte, anche se è poco.

mercoledì 30 ottobre 2013

ILENIA A "DONNE CHE FANNO TESTO".


Anche quest’anno partecipo al concorso di scrittura creativa per scrittrici emergenti “DONNE CHE FANNO TESTO”.

Il tema è “DONNE E LAVORO: IL CORAGGIO E LA CAPACITA’ DI DIVIDERSI IN MOLTI RUOLI”. Il titolo del mio racconto è “E’ BELLISSIMO, MAMMA”, e se vorrete leggerlo, lo troverete pubblicato nel sito del concorso, nella sezione “biblioteca racconti”, scorrendo tutti i racconti pubblicati fino alla data del 28/10/2013.

SCARICATE IL MIO RACCONTO! HO BISOGNO ANCHE DEL VOSTRO “IN BOCCA AL LUPO!”.  J

DI SEGUITO IL LINK ATTRAVERSO IL QUALE LEGGERE IL MIO RACCONTO.
http://www.donnechefannotesto.it/biblioteca.php

lunedì 28 ottobre 2013

UNA PAROLA CHE "WORD" SOTTOLINEA IN ROSSO: FEMMINICIDIO. (perchè per una volta avevo voglia di trattare un argomento serio).


Vorrei provare per una volta a parlare di un argomento serio, e il motivo che mi spinge a farlo, è che ultimamente al tg non sento parlare d’altro. Stasera addirittura all’interno di uno dei notiziari di un noto canale privato, il giornalista ha pronunciato la seguente frase:
“E ora purtroppo, come di consueto, diamo uno sguardo alla nostra solita rubrica sui femminicidi…”

Un brivido mi ha attraversato la schiena: quando è accaduto che l’uccisione di una donna al giorno diventasse una rubrica giornalistica?

E’ stato forse quando la legge sullo stalking non esisteva? Risposta errata. Una donna al giorno viene uccisa in questo paese (dopo essere stata vittima di tormenti, ingiurie, e violenze varie), proprio in un momento in cui la legge sullo stalking è stata rivista e inasprita.

Cosa succede? Come scrivo al lato di questo blog, io non sono una sociologa né un’ antropologa, quindi non possiedo spiegazioni scientifiche all’esponenziale aumento delle uccisioni perpetrate sulle donne negli ultimi mesi, però è chiaro che molte cose non stanno funzionando, e che alla base di tutto, c’è un problema serio e reale nelle relazioni uomo-donna. Non si tratta però di quei “problemucci” di cui tanto spesso ironizzo attraverso queste pagine, no. Qui parliamo piuttosto di complicanze serie che col passare del tempo hanno portato l’uomo ad aumentare la propria base di conflittualità nei confronti del genere femminile.

È vero, storicamente, a partire dagli anni ’60 ad oggi, la condizione femminile si è modificata e migliorata, al punto che la consapevolezza delle donne, ha portato ad un estremo distacco nei confronti di tutti quegli uomini che le vedevano solo come “macchine” da impiegare all’interno di una vita familiare e domestica, piatta e scontata. Le donne non dovevano – e non potevano – essere considerate come menti pensanti, consapevoli, e dotate di una sensibilità e di un’intelligenza che le lasciava volare oltre. È stato un enorme problema per molti anni. Ci sono stati matrimoni forzati, combinati, e sofferenze consumate all’interno delle mura domestiche che suonavano come una condanna alla quale non si poteva e non si doveva sfuggire. Non mi sorprende quindi, che un fenomeno come il femminismo, sia poi sfociato nell’estrema circostanza e convinzione della completa inutilità del genere maschile. Dal momento che per secoli le donne avevano vissuto “imprigionate” in uno status che era stato loro imposto, l’unica maniera di contrapporsi a questo, era stabilire che si poteva fare a meno degli uomini.

Ma vado addirittura oltre: negli anni ’80 e ’90, in seguito alla parità dei diritti (che poi parità vera non è ancora del tutto, soprattutto nell’infimo mondo del lavoro) è stato l’uomo a “subire” questa situazione. Improvvisamente sono saltati tutti gli stereotipi del trentennio precedente, e il risultato è stato che l’uomo non ha più saputo essere uomo, e la donna si è trovata a fronteggiare l’assurda situazione di sapersi bastare da sola.

Come siamo messi al giorno d’oggi? Male, lasciatemelo dire. Il caos regna: ci sono uomini che hanno del tutto rinunciato a comportarsi come tali, perché tanto molte donne non li apprezzano più. Poi ci sono donne che sull’onta di un femminismo che le ha distrutte dentro, si professano capaci e assolutamente in grado di fare a meno del maschio alfa (raccontandosi una baggianata). E infine, ci sono uomini che non accettano nel modo più assoluto il fatto che una donna decida di fare a meno di loro, e allora diventano persecutori, e alla fine anche carnefici.

C’entra la follia umana, c’entra l’educazione familiare sbagliata. Gli psichiatri e gli psicologi possono essere in grado di spiegare certi atti cruenti, analizzando il background familiare di queste persone. Eppure la questione non è tutta là. Sono convinta che alla base ci sia una perdita di valori concreta e senza precedenti, ed una confusione forte che sfocia nella mescolanza dei ruoli, e nella voglia di ristabilire “cosa è l’uomo” e “cosa è la donna”.

Laddove l’uomo ha perduto ogni “potere” nei confronti di una donna dotata ormai della libertà di fuggire da lui, è con la violenza – ovvero con una virilità che agisce sotto mentite spoglie – che egli tenta di ristabilire le regole. Ristabilire le regole, vuol dire tentare di sottomettere la donna ad individuo non pensante e non libero di decidere. Vuol dire impiegare la forza fisica che manca alla donna, per imporre la propria disciplina. Vuol dire tentare miseramente di ritornare agli anni precedenti al femminismo, perché si vive un conflitto interiore con se stessi, che non consente di accettare il concetto di autonomia e di emancipazione.

Se ci pensiamo bene, lo stalking che sfocia nelle uccisioni di cui sentiamo parlare ormai ogni giorno, non è troppo lontano dalla “violenza silenziosa” che si perpetra sulle donne nei paesi del medio-oriente. In certi paesi, laddove non si arriva al culmine di uccidere a sassate una donna violentata (perché considerata adultera), le si impedisce di mostrare il viso, il corpo, le gambe, o addirittura di guidare un’auto per conto proprio.

Le si impedisce di prendere consapevolezza del proprio corpo, di sentirsi bella e desiderata, di considerarsi un’entità pensante. Rifletteteci: c’è poi molta differenza tra Melania Rea, uccisa dal marito perchè non voleva accettare i suoi tradimenti, e una donna che è moglie insieme ad altre mogli, e alla quale viene vietato di mostrare il proprio viso al mondo intero? Per me, no. Entrambe sono forme di violenza. L’una, forse più sottile dell’altra, ma comunque crudele.

Io scrivo un blog sulle relazioni sentimentali uomo-donna, e non ho la pretesa di sovvertire le regole “naturali” secondo le quali “gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”. Io accetto consapevolmente e in maniera ironica e divertita, che POSSIAMO, E ANZI DOBBIAMO, essere considerati diversi. Siamo “complementari” ed eternamente e amorevolmente in conflitto proprio per questo motivo. Ciò che però non posso davvero accettare, e che attraverso le pagine di questo blog cerco di “elaborare”, è quel motivo di scontro che ci ha portati a parlare lingue diverse, a non incontrarci, ad odiarci e a stabilire un inutile primato, fatto di negazioni di libertà ed eccessi di violenza.

 
Ho fiducia nell’inasprimento e nell’applicazione severa delle leggi sullo stalking, ma confido ancora di più in un cambio di mentalità e di pensiero, che porti gli uomini e le donne a ristabilire la complementarietà e l’appartenenza l’uno all’altro, senza conflitti di sorta.

 



lunedì 21 ottobre 2013

ACQUA NELL' ACQUA.


Da qualche tempo prendo lezioni di nuoto. Bellissimo, meraviglioso, emozionante. A parte il fatto che entrando in acqua la prima volta, mi sarei aspettata di trovare un istruttore bello quanto Raul Bova (e invece ho trovato uno con i capelli color carota; chissà poi perché l’istruttore di nuoto medio italiano, ce lo immaginiamo tutte come Raoul Bova).

Avendo deciso di imparare a nuotare alla mia veneranda età, sto riscoprendo il senso della sfida con me stessa, e sto apprendendo che forse possiedo una confidenza con l’acqua che sin da bambina era sopita da qualche parte.

Quando nuoto devo fare attenzione ad un milione di cose: ad esempio, se sto nuotando a dorso, devo tenere le spalle aperte, la testa in acqua (ma appena fuori) e la pancia in su (a pelo d’acqua). Inoltre devo contemporaneamente guardare in alto (perché in base ad un punto stabilito che è sul soffitto, posso rendermi conto dove iniziano e finiscono i bordi della piscina, per evitare, al termine di ogni vasca, di sbatterci la testa contro), sincronizzare la bracciata (ovvero far partire prima un braccio, poi l’altro, alzandolo parallelamente fino all’orecchio e facendolo scivolare verso l’esterno, ma senza aprirlo troppo in alto).
Le gambe vanno battute in acqua velocemente, con un movimento che deve partire dall’anca e deve permettermi di spostarmi in acqua rapidamente. In tutto questo “casino di roba”, io che ho poca dimestichezza con l’acqua, devo evitare di farmi arrivare in faccia troppi schizzi, cercando di non porre troppa attenzione sul fatto che le orecchie mi si stanno completamente otturando. Non devo respirare col naso, né ingerire acqua. Ah ecco! Infine, devo ricordarmi ANCHE di non affogare!!!

Come scrivevo sopra, il mio istruttore di nuoto è un ragazzo più simpatico che bello, ha i capelli arancioni, e s’incazza facilissimamente quando l’allieva non lo sta ad ascoltare. Certe volte, quando vado giù a picco in acqua, fa la faccia scocciata di uno che quando spiega butta al vento le sue parole, e dopo qualche secondo, di fronte alle mie giustificazioni sul fatto che non riesco a completare l’esercizio nella dovuta maniera, dice sempre una frase che detesto:
“TU PENSI TROPPO”.

Se siete donne questa frase ce l’avete ben presente, perché è la frase che ogni uomo non fa che ripeterci praticamente da tutta la vita. GLI UOMINI, DA CHE MONDO E’ MONDO, CI DICONO DA SEMPRE QUESTA FRASE. Normalmente lo fanno all’inizio di una relazione, e accade sempre perché capiscono che noi potremmo perdere l’equilibrio innamorandoci. Sottolineano così la maniera di vivere le relazioni nel modo più semplice del mondo, senza pensare alle implicazioni, alle conseguenze, al fatto che domani si stancheranno di noi e ci sostituiranno con un’altra che appunto, pensa di meno. Oppure è un modo per farci capire che loro, diversamente da noi, riescono a distaccare il sentimento dalla fisicità, quindi in poche parole, quando vengono a letto con noi non hanno bisogno di collegare necessariamente il cervello (eccetto le volte in cui devono “pensare” a come rendere indimenticabile una prestazione. A questo proposito – apro parentesi – non ricordo bene chi era che diceva che Dio ha dotato l’uomo di un cervello e di un pene, ma non di abbastanza sangue per farli funzionare all’unisono!!!)

E così, anche a lezione di nuoto, per l’ennesima volta, mi sono sentita ripetere da un uomo, che sono una che pensa troppo. A parte la rabbia del primo momento, stavolta ho deciso di mettermi in discussione (come faccio col nuoto) senza però dargli perfettamente ragione. Ebbene, forse è vero che io da donna penso troppo, sia quando vivo una relazione amorosa, che quando nuoto. Forse posso dimenticare per un momento la bracciata, l’acqua nelle orecchie, nel naso e negli occhi. Posso dimenticare di allargare le spalle e tenere su la pancia col resto del corpo. Posso respirare profondamente, concentrarmi, battere le gambe a pelo d’acqua meno velocemente, e prendermela con comodo, facendo una vasca lentamente, e aumentando la velocità a mano a mano.

Ci ho provato: per un momento è scomparsa l’idea di affogare. Per un istante c’eravamo solo io e l’acqua, ma non la stavo dominando, bensì, io e lei eravamo diventate una cosa sola, un tutt’uno. Lei non voleva abbandonare me, e io nuotavo tranquilla in acque sicure, bracciata dopo bracciata.

Il nuoto mi fa bene. Allunga i muscoli, stimola le sostanze del cervello che aumentano lo stato di euforia, mi tiene in forma, mi fa stare in sfida con me stessa insegnandomi che posso farcela a superare molte prove e molte paure inconsistenti. Ma più di tutto, il nuoto mi ricorda che anche in amore, sono una donna che pensa troppo.

"Nuotiamo" tutte serene allora, e la corrente
insieme alle bracciate, ci terranno a galla.
acqua nell’acqua

lunedì 14 ottobre 2013

MODERNI GIGOLO' DE' NOANTRI.


Per sopravvivere in questa città ho dovuto “mandare giù molta polvere”: i supermercati sono invasi da famigliole composte da madri culone ed esaurite, con al seguito figli piagnucolanti e viziati che si fermano ad ogni corsia perché vogliono la cioccolata, la marmellata, i biscotti, i Kinder Delice, e via dicendo. Potrei scrivere un post a parte sui mariti che guardano il sedere e le tette di tutte le donne single che passano per le corsie, ma questo argomento lo tratterò un’altra volta.

Da qualche tempo ho ripreso a spostarmi in bicicletta, e vi assicuro che una delle città al mondo in cui c’è meno rispetto per i ciclisti, è proprio Roma: auto parcheggiate in doppia fila, le cui portiere si aprono continuamente senza badare a coloro che vi passano accanto; curve pericolosissime per via del fatto che chiunque tende a “stringerti”, col rischio di farti morire schiacciato da un momento all’altro, donne che non si fermano allo stop e ti guardano sprezzanti perché loro per dimagrire preferiscono pagare il personal trainer anziché bruciare calorie lungo la strada, e non ultimi, i moderni gigolò de’ Noantri, che con le loro cabrio, sfrecciano per le strade credendo di appartenere all’ultima specie omoide da non farsi assolutamente scappare.

I moderni gigolò de Noantri li riconosci subito: uomini a metà tra i coatti antichi degli anni ‘80, e i più “Americanizzati Richard Gere” Californiani. In queste giornate dal clima ancora piacevolmente mite, guidano le loro Cabrio coi capelli lunghi al vento (o indossando un berretto colorato, nel caso in cui i capelli ce li avessero ancora), e le loro camicie aperte fino al petto che lasciano bene in visione il folto pelo da orso e le capezze in oro massiccio da un chilo e mezzo di peso. Li credevo estinti, li credevo perlomeno cresciuti o che avessero deciso di  abbandonare l’atteggiamento “antico”, e invece eccomeli lì, attaccati dietro alla mia Mountain Bike da città come le api da miele restano incollate con le loro zampette agli alveari. L’occhio col quale ti guardano è molto simile a quello del Franco Califano di “Tutto il resto è noia”, e la sicurezza che ostentano con una donna è esilarante, perché vivono nella convinzione di essere dei maschi appetibili nonostante l’età e il loro essere totalmente fuori moda. Quando ti fermi ai semafori, ti fanno battute da bar di periferia, oppure utilizzano sorrisi a quaranta denti, nella convinzione che verranno ricambiati da ogni donzella. In ultimo, grazie al fatto che gli occhiali a specchio sono prepotentemente tornati di moda, loro ne possiedono molti dei più svariati colori, e a volte, lo “sbrilluccichio” che riluce dalle loro lenti, ti colpisce come un laser notturno.

Il moderno gigolò de Noantri, è una specie notoriamente single, o che al massimo ha alle spalle delle separazioni abbastanza dolorose (più che altro dal punto di vista economico) a causa delle quali però non ha rinunciato a nessun privilegio “da maschione”, tipo, possedere ancora una cabrio alla quale non rinuncerebbe per niente al mondo (finchè i dolori di cervicale non ci separino!!!).
Inoltre, in estate lo vedi aggirarsi per le coste del Brasile o della Thailandia, e in inverno, nei paesi dell’est Europa, dove se glielo chiedi, ama passare il proprio tempo in compagnia di donne che non vengono mica pagate per stare con lui… noooooo!!!! Sono donne molto più simpatiche delle italiane, e per godere della loro compagnia, si accontentano di qualche drink offerto in un locale di Praga, di Tallin o di Riga. Mica come le italiane, che sognano ancora di sposarsi in pompa magna, salvo poi rovinarti con le leggi a loro favore sulla separazione!

Il moderno gigolò de Noantri infine, è atletico (nonostante l’età, la pancetta e le ciambelle sui fianchi) e frequenta le palestre (di tanto in tanto) cercando di attaccare bottone con ogni ragazza sotto i trenta e fino ai trentacinque.

Ma ciò che veramente fa sorridere di lui, è che ancora ama cimentarsi in attività ludiche e sportive tipo il kite-surf, il windsurf e lo sci. In inverno si trasferisce in montagna, dove risale le cime più alte con lo skilift e la tuta colorata firmata all’ultima moda.

Ragazze, tremate dunque! Il moderno gigolò de’ Noantri, è tornato (o forse, purtroppo non se n’era mai andato… ahinoi!)

lunedì 7 ottobre 2013

FINTE COPPIE PERFETTE.


Per la città si aggirano SOLO coppie perfette. Hanno macchine perfette, tagli di capelli perfetti, polo Ralph Lauren e scarpe Hogan perfette, con lavori perfetti, stipendi perfetti, case perfette. Io li chiamo appunto “i perfetti”, e nella mia posizione di single, non potrei mai competere con loro, né con le loro vite… perfette!

Mi chiedete perché? Bè perché IO, faccio parte della schiera dei single, che nell’ immaginario collettivo dei “perfetti”, rappresentano delle povere anime da compatire, senza un vero scopo nella vita, e soprattutto, senza una felicità da toccare con mano.

“I perfetti” sono tutti i figli accoppiati degli amici (o degli amici di famiglia) dei miei genitori, che guardano noi single dall’alto al basso, additandoci come “gli strani della situazione”, ammalati di chissà quale sociopatia. Quelli che quando li inviti a cena o ti ci ritrovi seduta al tavolino di un bar, ti devono raccontare per forza la loro giornata-tipo da sposati (o fidanzati), senza omettere nemmeno una virgola, compreso lo stipendio che guadagnano, le ore di lavoro che impiegano  in una giornata, i rimedi che adottano per resistere alla crisi e alla recessione, i luoghi in cui vanno a passare le loro vacanze, il partito che hanno votato alle ultime elezioni. Ti raccontano il motivo per il quale hanno deciso di comprare casa nelle estreme periferie che sorgono molto fuori dalla città e da qualsiasi mezzo pubblico che li colleghi col mondo reale, vivono in questi quartieri dormitorio dove è possibile fare tutto in un solo pomeriggio: la spesa, andare a mangiare una pizza, e recarsi al cinema.

Tempo compresso, in appartamenti all’interno di casermoni compressi, che sono stati costruiti in mini-città compresse! Anime compresse per cervelli compressi!

Eppure i genitori di questi tipi qua, si vantano tanto e si riempiono pure la bocca, quando parlano dei loro figli accoppiati di fronte a mia madre e mio padre, e certe volte vorrei bloccare i loro noiosi discorsi ininterrotti su quanto sono una bella coppia, felice e perfetta, per chiedere loro se l’ultimo libro che hanno letto non sia per caso quella copia di Topolino e Paperino che tengono sul comodino dalla tenera età di sei anni. Parliamoci chiaro, sono un branco di ignorantoni, che hanno come unico obiettivo nella vita, quello di mostrare al mondo che la loro esistenza ha raggiunto l’apice della felicità. Non hanno interessi in comune, vivono per lavorare e pagare il mutuo che gli ha rovinato le vite, e che gli impedisce di pensare a come potrebbe essere fare una vita appena diversa da quella che l’omologazione popolare gli ha imposto.

Qualche sera fa, mio malgrado, mi sono ritrovata seduta al tavolino di una gelateria con i miei genitori,  una di queste coppie tipo, e appunto, i loro genitori orgogliosi: a parte il fatto che persino i miei nonni sono più giovani dentro di certe coppie, sia per il modo di ragionare, che per il tipo di vite che conducono, la situazione-tipo è sempre la stessa: mia madre che preferisce non far sapere in giro niente di me, e glissa le domande e le schiva, come quando d’estate i motociclisti provano a schivare i calabroni che gli si schiacciano in fronte. Le coppie che illustrano la loro finta vita felice, e i genitori delle suddette coppie, che rincarano la dose sottolineando cotanta perfezione.

All’angolo del tavolo, ci sono sempre io, che osservo, ascolto, prendo appunti nella mia mente, e mi diverto ad osservarli pensando tra me e me, che io non vorrei proprio mai essere come loro.

Ed è stato proprio durante un sabato sera afoso dello scorso agosto, che ho guardato mia madre arrampicarsi sugli specchi e scivolare, all’ennesima dimostrazione da parte “dei perfetti” di conoscere tutto della mia condizione, compreso il motivo per il quale non ero venuta accompagnata…

…Ed ecco perché, attraverso le pagine di questo blog, che racconta l’amore e le relazioni dal punto di vista di una single, ho voluto omaggiare mia madre (e indirettamente anche mio padre), ringraziandoli, perché ad ogni riunione tra amici, ad ogni serata passata fuori, ad ogni incontro con “i perfetti”, portano bene sulle loro spalle il peso della figlia single (e quindi ingrata, ahimè!!!) che sono!

Mamma, adoro quando certe volte io, te e papà ci ritroviamo seduti a tavolino con dei parenti (o degli amici) che non vediamo da tanto tempo, e quelli sottovoce (ma seduti accanto a me, in maniera che io riesca a sentire indistintamente le loro parole) ti chiedono se sono fidanzata o sposata, e tu rispondi:

"No, è uno spirito libero, è sempre in viaggio, ha visto alcuni dei posti più belli del mondo, la prossima settimana torna negli States, non ha tempo per queste cose, dice di stare bene così. Sapete, col lavoro che fa…”

Ecco mamma, si, fai bene a rassicurarli per esempio sul fatto che io non sia lesbica (e anzi, ho una vita sessuale abbastanza disinvolta). Su quella sentimentale ne potremmo discutere fino a domani, ma l’importante in fondo in fondo, per “i perfetti” che vogliono sapere tutti i cazzi nostri, è se io per caso non sia lesbica. Vi rassicuro (come fa mia madre) non c’è niente di male ad essere gay, però io non lo sono. Io sono… si si, quella parola che vi fa ancora più paura… ma dai, ditela su! Sforzatevi cazzo! Tempi moderni, nuovo che avanza, essù!

Ecco, appunto! Io sono single! Non lesbica, ma single. I figli vostri invece sono tutti sposati, hanno le orecchie pulite, vanno in vacanza a Sharm ad agosto, e ballano salsa al martedì sera, e certe volte, di sabato vanno pure in comitiva al Palacavicchi!!!

Cazzo, voi si che avete dei figli perfetti!

Mia mamma al tavolino della gelateria, seduta due sedie più avanti di me, mi si rivolge:
“Dov’è che siete andati quella volta in vacanza? Quando eravate in quattro? Aiutami!”

Io: “In Giamaica mamma?”

Mia madre: “Si si, ecco, in Giamaica! Sono andati in Giamaica sai? Hanno fatto sedici ore di volo…”

Risposta del figlio perfetto degli amici di famiglia: “Io non lo farei mai, manco se mi pagassero…”

Io (dentro di me): “Non sei mai uscito dal perimetro di Guidonia, te credo che n’o faresti mai…ma vaffanculo và! Te e tu’ moje co’ le Hogan False!”

Resto in silenzio e sorrido. Comunque di fronte a loro sorrido. Non ho il coraggio di tentare di far capire a questa gente, che esiste anche un altro modo di concepire la propria vita, che non deve essere necessariamente “incontrarsi” , “sposarsi”, “accendere un mutuo”, “sfornare figli”.

Li guardo, e vedo quella che io non vorrei/potrei essere mai. E sono felice.

Vi voglio bene mamma e papà. Scusate se vi ho dato un dispiacere e non potete vantarvi della mia vita finto-perfetta, ma lo sapete pure voi che “QUI NON è mica Hollywood”, e una come me, non è affatto facile da omologare.

In un’altra vita forse…chissà. J

Ecco mamma, si, fai bene a rassicurarli sul fatto che io non sia lesbica (e anzi, ho una vita sessuale abbastanza disinvolta). Su quella sentimentale ne potremmo discutere fino a domattina, però l'importante per il mondo intero che vuole sapere i cazzi nostri, in fondo in fondo è se io per caso non sia lesbica.
VI RASSICURO (COME FA MIA MADRE): NON C'E' NIENTE DI MALE AD ESSERE GAY, PERO' IO NON LO SONO.
IO SONO... SI SI, QUELLA PAROLA CHE VI FA ANCORA PIU' PAURA...MA DAI, DITELA SU, SFORZATEVI CAZZO! TEMPI MODERNI, NUOVO CHE AVANZA ESSU'...
ECCO, SI, APPUNTO, IO SONO "SINGLE". NON LESBICA, MA SINGLE. I FIGLI VOSTRI INVECE SONO TUTTI SPOSATI, HANNO LE ORECCHIE PULITE, VANNO IN VACANZA A SHARM AD AGOSTO, E BALLANO SALSA AL MARTEDI SERA, E CERTE VOLTE DI SABATO VANNO IN COMITIVA AL PALACAVICCHI.
CAZZO, VOI SI CHE AVETE DEI FIGLI PERFETTI.
Vi amo tutti, ma soprattutto amo la mia mamma.
iù belli del mondo, la prossima settimana torna negli States, non ha tempo per queste cose, dice di stare bene così, sai col lavoro che fa...".
Ecco mamma, si, fai bene a rassicurarli sul fatto che io non sia lesbica (e anzi, ho una vita sessuale abbastanza disinvolta). Su quella sentimentale ne potremmo discutere fino a domattina, però l'importante per il mondo intero che vuole sapere i cazzi nostri, in fondo in fondo è se io per caso non sia lesbica.
VI RASSICURO (COME FA MIA MADRE): NON C'E' NIENTE DI MALE AD ESSERE GAY, PERO' IO NON LO SONO.
IO SONO... SI SI, QUELLA PAROLA CHE VI FA ANCORA PIU' PAURA...MA DAI, DITELA SU, SFORZATEVI CAZZO! TEMPI MODERNI, NUOVO CHE AVANZA ESSU'...
ECCO, SI, APPUNTO, IO SONO "SINGLE". NON LESBICA, MA SINGLE. I FIGLI VOSTRI INVECE SONO TUTTI SPOSATI, HANNO LE ORECCHIE PULITE, VANNO IN VACANZA A SHARM AD AGOSTO, E BALLANO SALSA AL MARTEDI SERA, E CERTE VOLTE DI SABATO VANNO IN COMITIVA AL PALACAVICCHI.
CAZZO, VOI SI CHE AVETE DEI FIGLI PERFETTI.
Vi amo tutti, ma soprattutto amo la mia mamma.