(Un
po’ un racconto dal sapore diverso rispetto agli altri miei post, un po’ un
modo di farvi gli auguri).
Non
sapevo bene cosa scrivere su questo blog che fosse almeno un po’ inerente al
Natale. Del resto il Natale non è poi un buon momento per tutti quei singles
che mi leggono. Dai social network si evince quanto ogni mio contatto single,
detesti questa festa e la affronti con pieno cinismo, perché i singles
(soprattutto quelli di una certa età e con un certo background sentimentale)
non hanno molta voglia di cenoni, familiarità, bontà d’animo e scambi di
regali. Molti dei miei amici single, vivono malissimo il fatto di dover passare
tre giorni con la loro famiglia ed essere regolarmente “stalkerati” da nonne,
nonni, zii, cugini, padri e madri, riguardo alla loro situazione sentimentale.
Ricordo che un anno, presa dalla disperazione, ma anche da un forte senso di
ironia, alla domanda di mia nonna “Come mai non hai portato il fidanzato al
pranzo di Natale”, risposi che ero lesbica!!! Credo che per qualche istante mia
nonna ci abbia creduto davvero, tuttavia, qualche tempo dopo frequentavo già un
altro ragazzo, e una volta arrivate le feste pasquali, mi giocai la carta del
“sai nonna, non lo conosco ancora bene nemmeno io… preferisco evitare di
presentarvelo…”. E così, i singles vanno avanti, Natale dopo Natale, osservando
i cugini già maritati (ma disperati perché davvero non si aspettavano di fare
una fine così penosa sposandosi), e le cugine ingrassate perché hanno partorito
già due pargoli.
Noi,
non siamo quelli “fatti per il Natale”, e tutto ciò che vorremmo quando la
festività più sentita dell’anno arriva, è passare direttamente al sette di
gennaio senza manco il foglio di via.
Tuttavia
qualche giorno fa ero diretta in centro a Roma per una passeggiata
“ristoratrice”, di quelle in cui hai anche voglia di osservare le luci di
Natale e farti scaldare il cuore, e mentre ero in metro, si è seduto accanto a
me un uomo sulla quarantina, palestrato e curato. Come ormai facciamo tutti noi
schiavi dei nostri smart phone, una volta occupato il sedile, ha tirato fuori
il suo telefono, ed ha cominciato a far scorrere una sequela infinita di sms
rivolti ad un destinatario con il nome di un uomo. Non è che volessi a tutti i
costi farmi i fatti suoi, però insomma, ero seduta accanto, il suo display era
messo bene a favore “del mio occhio indiscreto”, e alla mia fermata ne mancavano
ancora parecchie. Per circa due minuti, il suo sguardo è stato fisso su un sms
in particolare, destinato sempre allo stesso uomo di cui sopra, e il testo di
tale sms recitava:
“Cosa posso fare io se ti amo, e se tutta la mia esistenza dipende da te? Ogni volta è come se il mondo si fermasse…” (continuava, ma onestamente non ricordo più le parole che seguivano). Poco prima della sua fermata poi, il quarantenne ha fatto scorrere con il pollice altri messaggi, e li ha aperti. Questa volta avevano come mittente un nome di donna, e recitavano frasi tipo “amore mio ricordati che stasera abbiamo quel compleanno… ecc ecc”. Richiuso uno degli ultimi sms col nome di donna come mittente, ho visto l’uomo spegnere il display, fissare il vuoto a terra per qualche secondo mentre il treno andava a tutta velocità, e infine, sospirare amaramente.
“Cosa posso fare io se ti amo, e se tutta la mia esistenza dipende da te? Ogni volta è come se il mondo si fermasse…” (continuava, ma onestamente non ricordo più le parole che seguivano). Poco prima della sua fermata poi, il quarantenne ha fatto scorrere con il pollice altri messaggi, e li ha aperti. Questa volta avevano come mittente un nome di donna, e recitavano frasi tipo “amore mio ricordati che stasera abbiamo quel compleanno… ecc ecc”. Richiuso uno degli ultimi sms col nome di donna come mittente, ho visto l’uomo spegnere il display, fissare il vuoto a terra per qualche secondo mentre il treno andava a tutta velocità, e infine, sospirare amaramente.
Ho
sentito e percepito dentro, tutta la sua sofferenza per un amore che
probabilmente avrà deciso di non rivelare mai a nessuno. In quel sospiro
finale, che lo riportava ad una sua triste realtà e gli faceva probabilmente
rimpiangere il suo momento romantico e pieno di pathos con un'altra persona, io
davvero, ho avvertito tutta la disperazione che ognuno di noi prova o ha
provato, quando qualcuno che amiamo non ci ricambia, oppure quando amiamo
qualcuno e non possiamo farlo alla luce del giorno per qualsiasi motivo. Magari
il primo sms era rivolto ad un uomo, oppure ad un’altra donna che era la sua
amante, e che lui aveva registrato in rubrica con un nome di donna, proprio per
non essere scoperto dalla sua donna ufficiale. Ecco, era quest’ultimo il motivo
del suo sospiro: era il sospiro di una delle sofferenze peggiori che dalla
notte dei tempi vengono inflitte al genere umano: l’amore per la persona che
desideriamo, ma che per qualche ragione “X” non possiamo avere.
L’uomo
è sceso qualche fermata prima di me. L’ho guardato farsi strada tra la gente
per guadagnare l’uscita in una vita che spesso somiglia proprio alle “sliding
doors” di un treno metropolitano, e ho pensato che l’amore è un sentimento che
come una malattia, colpisce ognuno di noi, senza guardare in faccia nessuno.
Chi avrebbe mai immaginato che un quarantenne così sicuro di sé, potesse vivere
un dramma interiore in quel preciso istante?
Ho
fatto la mia passeggiata e poi sono tornata a casa, e qualche giorno dopo era
già abbondantemente superato l’otto dicembre e io dovevo ancora fare l’albero
di Natale. E’ arrivato velocemente il week end, e un sabato sera qualunque, a
differenza di molte altre sere in cui esco con le mie amiche, ho voluto
ritirarmi prima del previsto senza dare tante spiegazioni per congedarmi. In
certi momenti, la solitudine può rinfrancare le nostre menti troppo piene di
pensieri. Sono arrivata a casa e mi sono fatta una doccia; poi ho preparato il
pranzo per l’indomani, e fatto partire la lavatrice dopo aver messo delle
lenzuola pulite nel mio letto.
Era
mezzanotte e quaranta, e ormai su quelle federe pulite era rimasto solo l’odore
di un ammorbidente qualsiasi. Non c’era più “niente di personale” ad abitare
queste mura, questa cucina, questo letto. Ormai tutto era “impersonificato”:
gli odori erano quelli di una casa normale, dove ormai giravo solo io. I “tuoi
odori” erano scomparsi insieme a tutte le tue cose che avevo gettato via nelle
settimane precedenti, e ciò era triste e mi faceva sentire ancora più
malinconica. Così, senza pensare poi molto, quel sabato notte ho fatto l’albero
di Natale, giusto per non lasciare che il cinismo si impossessasse troppo di
me. Era mezzanotte e quarantacinque e quelle palline colorate mi hanno fatto
pensare ai Natali di quando ero bambina. Le ho posizionate una ad una lasciando
completamente vuota la parte posteriore dell’abete di plastica, perché non ne
avevo abbastanza per riempirlo tutto.
È già
passato quasi un anno, e in quell’albero di Natale di mezzanotte e
quarantacinque, ho riposto tutto il mio coraggio. Perché TU non ci sei più, e
che mi piaccia o no, questa non è affatto una realtà che può essere mitigata
dalle luci del Natale.
(Cari
lettori, volevo scrivere un post divertente sul Natale, ma la malinconia di
questa festa ha sorprendentemente preso il sopravvento su di me, ed è una cosa
che accade molto raramente. Tuttavia, scrivere è anche questo per me).
Buon
Natale e un felice 2015 a tutti voi. Ci rileggiamo lunedì 5 gennaio.