lunedì 22 dicembre 2014

L'ALBERO DI NATALE DI MEZZANOTTE E QUARANTACINQUE.

(Un po’ un racconto dal sapore diverso rispetto agli altri miei post, un po’ un modo di farvi gli auguri).

Non sapevo bene cosa scrivere su questo blog che fosse almeno un po’ inerente al Natale. Del resto il Natale non è poi un buon momento per tutti quei singles che mi leggono. Dai social network si evince quanto ogni mio contatto single, detesti questa festa e la affronti con pieno cinismo, perché i singles (soprattutto quelli di una certa età e con un certo background sentimentale) non hanno molta voglia di cenoni, familiarità, bontà d’animo e scambi di regali. Molti dei miei amici single, vivono malissimo il fatto di dover passare tre giorni con la loro famiglia ed essere regolarmente “stalkerati” da nonne, nonni, zii, cugini, padri e madri, riguardo alla loro situazione sentimentale. Ricordo che un anno, presa dalla disperazione, ma anche da un forte senso di ironia, alla domanda di mia nonna “Come mai non hai portato il fidanzato al pranzo di Natale”, risposi che ero lesbica!!! Credo che per qualche istante mia nonna ci abbia creduto davvero, tuttavia, qualche tempo dopo frequentavo già un altro ragazzo, e una volta arrivate le feste pasquali, mi giocai la carta del “sai nonna, non lo conosco ancora bene nemmeno io… preferisco evitare di presentarvelo…”. E così, i singles vanno avanti, Natale dopo Natale, osservando i cugini già maritati (ma disperati perché davvero non si aspettavano di fare una fine così penosa sposandosi), e le cugine ingrassate perché hanno partorito già due pargoli.

Noi, non siamo quelli “fatti per il Natale”, e tutto ciò che vorremmo quando la festività più sentita dell’anno arriva, è passare direttamente al sette di gennaio senza manco il foglio di via.

Tuttavia qualche giorno fa ero diretta in centro a Roma per una passeggiata “ristoratrice”, di quelle in cui hai anche voglia di osservare le luci di Natale e farti scaldare il cuore, e mentre ero in metro, si è seduto accanto a me un uomo sulla quarantina, palestrato e curato. Come ormai facciamo tutti noi schiavi dei nostri smart phone, una volta occupato il sedile, ha tirato fuori il suo telefono, ed ha cominciato a far scorrere una sequela infinita di sms rivolti ad un destinatario con il nome di un uomo. Non è che volessi a tutti i costi farmi i fatti suoi, però insomma, ero seduta accanto, il suo display era messo bene a favore “del mio occhio indiscreto”, e alla mia fermata ne mancavano ancora parecchie. Per circa due minuti, il suo sguardo è stato fisso su un sms in particolare, destinato sempre allo stesso uomo di cui sopra, e il testo di tale sms recitava:
“Cosa posso fare io se ti amo, e se tutta la mia esistenza dipende da te? Ogni volta è come se il mondo si fermasse…” (continuava, ma onestamente non ricordo più le parole che seguivano). Poco prima della sua fermata poi, il quarantenne ha fatto scorrere con il pollice altri messaggi, e li ha aperti. Questa volta avevano come mittente un nome di donna, e recitavano frasi tipo “amore mio ricordati che stasera abbiamo quel compleanno… ecc ecc”. Richiuso uno degli ultimi sms col nome di donna come mittente, ho visto l’uomo spegnere il display, fissare il vuoto a terra per qualche secondo mentre il treno andava a tutta velocità, e infine, sospirare amaramente.

Ho sentito e percepito dentro, tutta la sua sofferenza per un amore che probabilmente avrà deciso di non rivelare mai a nessuno. In quel sospiro finale, che lo riportava ad una sua triste realtà e gli faceva probabilmente rimpiangere il suo momento romantico e pieno di pathos con un'altra persona, io davvero, ho avvertito tutta la disperazione che ognuno di noi prova o ha provato, quando qualcuno che amiamo non ci ricambia, oppure quando amiamo qualcuno e non possiamo farlo alla luce del giorno per qualsiasi motivo. Magari il primo sms era rivolto ad un uomo, oppure ad un’altra donna che era la sua amante, e che lui aveva registrato in rubrica con un nome di donna, proprio per non essere scoperto dalla sua donna ufficiale. Ecco, era quest’ultimo il motivo del suo sospiro: era il sospiro di una delle sofferenze peggiori che dalla notte dei tempi vengono inflitte al genere umano: l’amore per la persona che desideriamo, ma che per qualche ragione “X” non possiamo avere.

L’uomo è sceso qualche fermata prima di me. L’ho guardato farsi strada tra la gente per guadagnare l’uscita in una vita che spesso somiglia proprio alle “sliding doors” di un treno metropolitano, e ho pensato che l’amore è un sentimento che come una malattia, colpisce ognuno di noi, senza guardare in faccia nessuno. Chi avrebbe mai immaginato che un quarantenne così sicuro di sé, potesse vivere un dramma interiore in quel preciso istante?

Ho fatto la mia passeggiata e poi sono tornata a casa, e qualche giorno dopo era già abbondantemente superato l’otto dicembre e io dovevo ancora fare l’albero di Natale. E’ arrivato velocemente il week end, e un sabato sera qualunque, a differenza di molte altre sere in cui esco con le mie amiche, ho voluto ritirarmi prima del previsto senza dare tante spiegazioni per congedarmi. In certi momenti, la solitudine può rinfrancare le nostre menti troppo piene di pensieri. Sono arrivata a casa e mi sono fatta una doccia; poi ho preparato il pranzo per l’indomani, e fatto partire la lavatrice dopo aver messo delle lenzuola pulite nel mio letto.

Era mezzanotte e quaranta, e ormai su quelle federe pulite era rimasto solo l’odore di un ammorbidente qualsiasi. Non c’era più “niente di personale” ad abitare queste mura, questa cucina, questo letto. Ormai tutto era “impersonificato”: gli odori erano quelli di una casa normale, dove ormai giravo solo io. I “tuoi odori” erano scomparsi insieme a tutte le tue cose che avevo gettato via nelle settimane precedenti, e ciò era triste e mi faceva sentire ancora più malinconica. Così, senza pensare poi molto, quel sabato notte ho fatto l’albero di Natale, giusto per non lasciare che il cinismo si impossessasse troppo di me. Era mezzanotte e quarantacinque e quelle palline colorate mi hanno fatto pensare ai Natali di quando ero bambina. Le ho posizionate una ad una lasciando completamente vuota la parte posteriore dell’abete di plastica, perché non ne avevo abbastanza per riempirlo tutto.

È già passato quasi un anno, e in quell’albero di Natale di mezzanotte e quarantacinque, ho riposto tutto il mio coraggio. Perché TU non ci sei più, e che mi piaccia o no, questa non è affatto una realtà che può essere mitigata dalle luci del Natale.
(Cari lettori, volevo scrivere un post divertente sul Natale, ma la malinconia di questa festa ha sorprendentemente preso il sopravvento su di me, ed è una cosa che accade molto raramente. Tuttavia, scrivere è anche questo per me).

Buon Natale e un felice 2015 a tutti voi. Ci rileggiamo lunedì 5 gennaio.


domenica 14 dicembre 2014

IL MIO SOGNO PER UN MONDO MIGLIORE: L'APPLICAZIONE DELLA SOLIDARIETA' FEMMINILE.

Come affermava diversi anni or sono una persona molto più autorevole di me “I HAVE A DREAM!”, ovvero, “POSSIEDO UN SOGNO”. Il mio sogno non è sconfiggere i peli superflui una volta per tutte da ogni angolo del mio corpo, e nemmeno quello di potermi comprare cento paia di scarpe in un giorno dopo aver vinto la lotteria, no! Il mio unico e reale sogno è che LA SOLIDARIETA’ FEMMINILE DIVENTI UNA REALTA’ COSTANTEMENTE APPLICATA ALLE NOSTRE ESISTENZE.

Ci avete pensato a quanti problemi in meno avremmo in questa società, se ogni donna, anziché svegliarsi al mattino e pensare a come fregare tutte le altre, fosse in tacito accordo con ognuna di loro e insieme formassero delle vere e proprie “coalizioni” di intelligentissime e mature femmine? Non parlo solo di quei gesti di naturale affabilità come prestarsi gli assorbenti nel bagno delle donne se il ciclo dovesse arrivare inaspettatamente, bensì di un vero e proprio sostegno che potremmo fornirci l’una con l’altra, sia per combattere quel fastidioso processo di incomprensione che gli uomini hanno nei nostri confronti (gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere!), sia per vivere le nostre vite in maniera più serena e rilassata, senza temere i colpi bassi di una che possiede i nostri stessi punti di vista, le nostre fragilità, i nostri disagi.

Non lo vedete donne, siamo ancora bistrattate dalla nostra società in molti, moltissimi ambiti. Ci sono mestieri che in questo paese non possiamo ambire ad ottenere, cariche politiche che nemmeno ci sogneremmo di rivestire, e infine, in diverse zone d’Italia, ancora ci considerano come quelle che non hanno il diritto di possedere degli impulsi sessuali al pari dei maschietti, e quindi, ci trattano come streghe ammaliatrici, povere noi…

Quanto sarebbe tutto più semplice e meraviglioso, se anziché farci la guerra per gelosie varie, diventassimo più collaborative e sostenitrici le une delle altre? Ad esempio, in ambito lavorativo, quante di voi ormai un po’ avanti con l’età, “rosicano” letteralmente perché una collega più giovane e più spigliata, entra con facilità nelle grazie del direttore o del capoufficio? Per non parlare di quelle che litigano per ottenere un uomo (e purtroppo, ahimè, mi ci includo, perché in passato l’ho fatto anch’io e oggi posso affermare con certezza che non ne vado fiera, soprattutto per un motivo: perché col tempo mi sono resa conto che alle volte noi donne siamo tutte vittime consapevoli di omuncoli che valgono pochissimo, e anche lei, in quel caso lo fu). E se per esempio, anziché criticarci l’una con l’altra per i nostri difetti fisici (che alle volte gli uomini non notano nemmeno), ci sentissimo tutte più “persone normali” e imparassimo a rivalutare i nostri difetti ed essere meno competitive in materia di conquiste?
Si dice tanto che a scegliere in amore siamo sempre noi donne. Onestamente, viste le statistiche che ci vedono nettamente in inferiorità numerica rispetto agli uomini (si contano sette donne per ogni uomo presente sul pianeta) direi che al giorno d’oggi sono di gran lunga gli uomini a scegliere noi, e a ritenerci anche del tutto intercambiabili, visto che ad ogni angolo di strada, ne trovano una sempre pronta con la quale tradire la loro donna ufficiale.

Eh si, perché sarà pure vero che l’uomo è cacciatore e traditore, ma è anche vero che tradisce con altre donne che ancora credono alla favoletta che lui lascerà “quella riconosciuta”. Ecco, immaginiamo ad esempio che cosa accadrebbe se gli uomini non trovassero più nessuna disposta a fare l’amante a scapito di un’altra. Mettiamo che un uomo sposato da chessò, tre anni, venga da me che sono (ancora) giovane e mi faccia una corte spietata e mi seduca, convincendomi ad intraprendere con lui una relazione che mi vedrebbe fare la parte della sua amante ufficiale a vita. Mettiamo che io creda alle parole di quell’uomo, il quale mi promette che prima o poi lascerà sua moglie, e decida di restare con lui per un tempo indefinito, spartendolo con un’altra donna, che un giorno, potrebbe venire a conoscenza di questa relazione clandestina, e soffrire magari il doppio o il triplo di quanto sto soffrendo io. Se poi ci fossero i figli di mezzo, io (che sono l’amante ufficiale sedotta e “fregata”), rischierei anche di rovinare la vita di quei figli, distruggendo un’intera famiglia, solo perché il mio “amore” per quell’uomo, mi porta a credere che un giorno potrò averlo tutto per me, godendo dell’amore che merito e non facendo la parte di quella che si prende le briciole. Ecco, in un mondo ideale, dove ogni donna che si incontra per strada non fosse pronta a credere alle fandonie di un uomo, e soprattutto a pensare di non meritare un amore “totale”, bensì solo delle briciole, forse i tradimenti non esisterebbero, e ciò, lo sappiamo tutti, rappresenterebbe fantascienza. Però riflettiamoci: se tutte imparassimo a dire di no a degli uomini impegnati, e invece ci focalizzassimo su quelli che ci meritano veramente, il risultato sarebbe che vivremmo tutte più sicure perché immuni dall’adulterio di un uomo!!!

Ma non sarebbe tanto più bello (avendo ormai perduto fiducia nella monogamia degli uomini), affidarci solo a noi stesse e al nostro concetto di solidarietà femminile? Non sarebbe tanto più bello, fare una spiata a tutti quegli uomini impegnati che ci provano con le altre donne, e andare a spifferare tutto alle loro mogli/fidanzate, solo per mero senso di solidarietà femminile? Del resto, oggi a me, domani a te. Eppure se tutte ci mettessimo nei panni dell’altra, questa frase si trasformerebbe in “oggi a me no, e domani neppure”.
Ora, scherzi a parte, e sogni su un mondo migliore a parte, ovviamente i miei post sono sempre del tutto ironici, e totalmente consapevoli di non poter aderire totalmente alla realtà. Eppure, da qualche assunto ironico, si può comunque arrivare ad una concettualità applicabile almeno in parte.
La solidarietà femminile è un valore donne, che non ci deve far temere di fidarci l’una dell’altra.

La prossima settimana, per par condicio, parlerò di solidarietà maschile e non!

lunedì 8 dicembre 2014

GLI UOMINI SONO DAVVERO TUTTI UGUALI?

Qualcuno ha affermato che riguardo al vasto e immenso “mondo interiore” delle donne ci si potrebbero scrivere dei libri. Ebbene, io e le mie amiche potremmo dire lo stesso riguardo agli uomini, visto il genere di incontri che facciamo ultimamente.
Fatto sta che da quando sono tornata single, ho ripreso a spaziare nell’immenso universo “maschioide” con molto piacere, e ad imbattermi quindi in soggetti di tutte le fasce di età. Eeehh già… sono finiti i bei tempi di gioventù in cui potevo permettermi di scegliere di frequentare SOLO uomini dai 40 in su. Ora, mano mano che “invecchio”, non divento di certo meno selettiva, però mi oriento su più fasce di età.
Come si fa a passare da un uomo di 50 ad un giovincello di 27? Non lo so nemmeno io. Forse fa parte delle regressione che mi ha investita non appena sono tornata single, quando ho ricominciato ad uscire più o meno tutte le sere con le mie amiche, e a fare tardi in giro per il quartiere universitario. (Tra parentesi, diciamocelo: non ho più l’età per fare le 3 tutte le notti, e nemmeno per bere quattro cocktail e due shottini uno dietro l’altro. Non posso più permettermi di vomitare sotto al portone di casa come quando avevo 24 anni, e tanto meno, di farmi reggere la fronte da un giovine piacente…). Quello che so, è che secondo me l’età cerebrale e fisica che abbiamo, dipende tanto dalle persone che frequentiamo, fatto sta che, quando stavo col 50enne, mi sentivo sempre apatica e stanca e avevo una vita sociale pari a quella di una pensionata ricoverata in una casa di cura. Da quando frequento i 20enni, sono stata investita dalla loro stessa energia, e anche se al mattino ne risento, mi preferisco di sicuro così.
Dunque nel passare da un uomo maturo ad un giovincello, mi sono trovata inevitabilmente a fare dei paragoni, ma non con cattiveria, bensì con l’ironia e il sarcasmo che da sempre caratterizzano questo blog. La prima cosa che salta all’occhio quando si compie un “passaggio così radicale”, sono le differenze della pelle: ovviamente il 50enne era pieno di “grinze”, mentre il 20enne, ha la pelle liscissima e sbarbatella come si addice ad uno della sua età. Tuttavia, queste sono differenze, per così dire, normalissime. Ciò che lì per lì lascerebbe sbalordita ogni donzella invece, è il passare dal fare sesso due volte a settimana per la durata di circa venticinque minuti (cadauna!!!), al dover chiedere “basta” al 27enne, che non conosce il significato della parola “relax” tra una volta e l’altra!!!
Ma passiamo ad analizzare altri aspetti, primo tra tutti quello pratico: il 27enne è perennemente in bolletta, perché sapete, ha dei sogni nel cassetto, una mentalità artistoide, vorrebbe sbarcare il lunario aiutato solo dalla forza delle sue passioni, e ciò è sicuramente nobile e da persone dolci. Tuttavia, uscire con uno come lui, significa abbandonare tutte le nostre convinzioni legate ai ruoli, e al fatto che a cena debbano essere loro a pagare. Col 50enne è tutta un’altra storia: se si esce con lui, non ci si deve azzardare minimamente a mettere mano al portafoglio, altrimenti si rischia di offenderlo. Se siete tra le ultime romantiche quindi, di quelle che “preferiscono mangiare pane e cipolla per tutta la vita, a patto di stare con l’uomo che amano”, allora “largo ai giovani”. Se al contrario siete leggermente più venali, e faticate voi stesse ad arrivare a fine mese, state pur certe che con un 50enne, l’ultima cosa di cui dovrete preoccuparvi, è il vostro budget mensile. A meno che non abbiate la sfortuna di incontrare uno di quei separati ridotti sul lastrico dalle ex mogli e che magari, per forza di cose, sono dovuti tornare a vivere con i loro genitori. In tal caso, consiglio spassionato: meglio i ventenni!
Le caratteristiche su cui vorrei però soffermarmi, sono quelle che sottolineano NON le diversità che ho fino ad ora elencato, bensì le atroci somiglianze, che non tengono affatto conto del divario di età anagrafica. E qui, vorrei davvero tanto uscirmene con una di quelle frasi fatte che noi donne amiamo ripeterci tra noi, ovvero “gli uomini sono tutti uguali”, ma per bontà del sesso forte maschile che mi sta leggendo, non lo farò! Sapete com’è… non vorrei essere accusata di qualunquismo spicciolo, ma riportare solo dei fatti aderenti alla realtà.
Ebbene quindi, la caratteristica comune di questi uomini, che va oltre la questione età, è di sicuro il saper raccontare frottole per conquistare una donna. In questo, davvero gli uomini sono tutti uguali. La loro indole di “cacciatori” infatti, resta la stessa a qualsiasi età, e quando si mettono in testa che vogliono una donna, iniziano con (nell’ordine): sfilze di complimenti volti a farci capitolare facendoci sentire le donne più belle del mondo, promesse che non manterranno mai, frasi gettate lì a casaccio per lasciare intendere che “loro non cercano una donna solo per mettere una tacca in più”, bensì per intraprendere una relazione più o meno seria, e infine, racconti tristissimi sulle loro ex che li hanno distrutti, maltrattati, traditi e uccisi emotivamente.
Ed è proprio lì donne, che noi dobbiamo alzare le nostre antenne, e aguzzare la vista per capire bene chi abbiamo di fronte. Sapete perché? Perché alla fine della fiera, se le loro ex hanno torto o ragione, non lo sapremo mai, quindi non saremo mai in grado di stabilire se sono state più crudeli loro, o gli ometti che abbiamo di fronte. E inoltre teniamo sempre a mente un fatto, e cioè che un uomo che ci parla male della sua ex, quasi sicuramente un giorno, quando noi saremo ormai nel dimenticatoio, parlerà male alla successiva anche di noi.

Ecco dunque, anche in questo le età maschili non si differenziano: una bugia per loro è una cosa che vale la pena raccontare per salvare la faccia: non importa se hanno 50 anni o 20. Importa quanto sono bravi ad uscire da una relazione in maniera “pulita”, anche se hanno addosso la rogna! 

domenica 30 novembre 2014

LE BRAVE RAGAZZE VANNO IN PARADISO, LE CATTIVE VANNO OVUNQUE.

Ultimamente gioco sempre d’anticipo: conoscendo molto bene “i miei polli”, sono diventata bravissima con loro a scomparire per prima. In genere funziona così: conosci qualcuno di carino e interessante una sera come tante in un locale. Flirt, scambio di numero, primo incontro. Poi ci sono gli incontri successivi, le uscite da soli o anche con altri amici. Primo bacio, chiacchiere, e infine, I FATTI CONCRETI! Tutto normale, tutto come da copione.
Un finale degno di ognuna di noi, vorrebbe vedere il maschietto in fuga già dal giorno successivo.
Nei giorni nostri sono in pochi quelli che dopo “il primo incontro ravvicinato” decidono di conoscerci e restare. Del resto siamo nell’era della velocità: consumiamo rapporti attraverso il mondo virtuale con la stessa tempistica di una bistecca messa a scongelare nel microonde. Uno scrittore francese una volta affermò che “l’amore dura tre anni”. Personalmente, per ciò che mi riguarda, anche meno!

E così sono diventata brava a stravolgere i ruoli: intendiamoci, mi ritengo ancora all’antica per ciò che riguarda il corteggiamento, il pagare da bere ai primi incontri, o il fare i “cavalieri” nel riaccompagnare a casa noi gentili donzelle, ma di certo, una volta che Cupido prende il volo dalla mia camera da letto, ho imparato a rimetterli tutti sul pianerottolo, e certe volte, se sono parecchio stanca ed è notte fonda, non li riaccompagno nemmeno alla porta. Il principe azzurro conosce di certo la strada!!!

Non sono l’ultima delle stronze, e anzi, perdo la testa facilissimamente se l’uomo in questione dimostra di valere, ma in questo immenso parco giochi che è la vita, gli approfittatori da sesso “mordi e fuggi” mi hanno stancata. Insomma, non vogliono impegni, non vogliono conoscerci, non vogliono legami, non vogliono andare al cinema o a cena fuori; come utilizzarli al meglio affinchè ci rendano felici almeno una volta? Scomparendo prima di loro!

Non importa se mi dici “quanto sono bella anche in pigiama”.
Non importa se mi dici “che dimostro molti meno anni di quelli che ho”.
Non importa se ti dimostri intelligente e maturo per tentare di far breccia nel mio cuore…

…una cosa è certa: il giorno dopo, IO sparirò anticipando ogni tua tempistica più o meno veloce. Niente parole inutili, niente “giustificazioni omoidi” sul fatto che sono una ragazza splendida e bla bla bla. Non è più tempo di intortarci con le parole. Quando ce ne dite di carine, fingiamo di credervi, ma in realtà sappiamo perfettamente che andrete ad ingrossare le fila di tutti gli altri “desaparecidos”. Tanto vale che a scaricarvi per prime siamo noi donne allora!
Poche settimane fa un ometto proprio carino e gentile, si è rifatto vivo il giorno dopo, gettandomi nello stupore più completo: “Cosa credevi, che fossi come tutti gli altri? Mi credevi uno che pensa solo a mettere una tacca in più con le donne?!”. lì per lì in effetti sono rimasta stupita: non mi aspettavo da parte sua un tale sincero interesse a dimostrare come fosse fatto veramente…

Infatti non avrei dovuto aspettarmelo, ma annuire gentilmente con una faccina sorridente su “whatsapp”: tempo nemmeno ventiquattro ore, che già il tipo era in fuga verso chissà quali altri lidi! Il mio grande errore è stato quello di inviargli un messaggio vocale la mattina successiva alla sua dichiarazione di non voler scomparire… (del resto, a detta sua, ero così bella due notti prima in pigiama!!!).

Si, certo, la mia vestaglia di pile rosa deve certamente aver fatto breccia nel suo cuore, perché il giorno successivo, aveva già tirato fuori tre scuse meravigliose che dimostravano tutto il contrario di ciò che aveva affermato la sera precedente:
·         Aveva l’influenza e quindi quella mattina non si sentiva bene e non era incline al dialogo.
·         Aveva fatto dei brutti sogni che avevano pesantemente minato l’andamento della sua vita.
·         Aveva avuto una conversazione telefonica con il compagno della madre della sua ex, e quindi, certi fatti avevano certamente smosso la sua emotività…

Per questo nei giorni successivi è scomparso!!! Per questo nei giorni successivi non è mai più venuto alle serate organizzate tra amici (come invece aveva fatto nelle settimane precedenti!). Per questo si aspettava che sarei andata a “chi l’ha visto” per denunciarne la scomparsa.
Non sto qui ora a descrivervi tutte le scuse che sono seguite nei giorni successivi, quando, in preda ad una diminuzione di stronzaggine da parte mia, mi ero detta che ero stata troppo severa nel giudicarlo, e che di sicuro non stava affatto inventando delle scuse per non farsi più vedere.

Ebbene, mai più sentito, mai più visto… oh no, aspettate: l’ho rivisto ad una serata tra amici qualche giorno dopo: naturalmente ci teneva a ribadire il concetto che non era venuto per rivedere me!!!
Vi chiedete ancora perché preferisco essere io quella che dà il “benservito?!”. Io lo dico sempre “conoscersi non è una sfida”, ma nemmeno raccontare stronzate per fingersi a tutti i costi dei bravi ragazzi.

Personalmente poi, ho sempre creduto che sia giusto che le brave ragazze vadano in paradiso, e le cattive ovunque. Gli istinti erotici non sono sempre e soltanto caratteristica dei maschietti. Anche noi donne vogliamo la nostra parte, e se abbiamo già deciso di farvi tornare in strada al freddo subito dopo aver consumato, non esiste raccontarci fandonie. Tra uomini e donne contano i fatti. Conta la coerenza e soprattutto l’aderenza tra ciò che si afferma e come si agisce.

A lunedì prossimo!

lunedì 22 settembre 2014

DIVERSE FENOMENOLOGIE DI DONNE IN PALESTRA.

E’ ricominciato settembre, e con esso anche la normale vita di tutti i giorni che segue alla spensieratezza estiva. Con settembre si cambia colore di capelli, ci si guarda allo specchio con i chili di troppo accumulati nel periodo di divertimento e trascuratezza, e inevitabilmente, si fanno di nuovo i conti con le taglie in più. Infatti, la prima cosa che ho fatto quando sono tornata in città, è stata rinnovare la mia iscrizione in palestra.

La palestra è per me un luogo sconosciutissimo, dove vedo specie umane che non definisco “animali” solo perché gli animali li amo, li rispetto, e vivo nell’eterna convinzione che siano certamente migliori degli uomini. Tanto per iniziare, tengo a precisare che IO non vado in palestra, bensì, sono iscritta a nuoto libero. E badate bene che la differenza è abissale, perché le tipe “da palestra” sono l’incarnazione del “fighettinesimo”, mentre NOI che andiamo a nuoto, con tutte quelle vasche percorse con tanto impegno mentale, possiamo definirci le radical chic dello sport. Purtroppo però, l’ingresso della mia palestra passa attraverso la sala pesi, la sala zumba, la sala pilates, e anche attraverso tutto il cucuzzaro, per concludere poi finalmente, nello spogliatoio di nuoto, e nella piscina vera e propria, e vi assicuro che ciò che vedo in quel breve percorso, merita di essere qui citato.

Le donne che vanno in palestra (ripeto, non quelle che fanno nuoto), ci vanno truccate!!! Io ve lo giuro, e ho faticato per prima a credere a ciò che vedevo. Truccate, ma non con un trucco leggero, di quelli che nascondono le imperfezioni, no! Truccate come le commesse di Kiko. Avete presente? Ebbene, ombretti variopinti e pesanti sugli occhi, rossetto rosso lucido o di qualsiasi altro colore acceso possa esistere. Fanno gli esercizi, corrono sul tapis-roulant, alzano i pesi, si piegano a fare stretching, saltano, ballano, fanno le scalmanate… EPPURE LORO NON SUDANO!!!

Mi dovete spiegare come cazzo sia possibile, che queste si muovono come mandrie di scatenate all’interno della sala, eppure non sudano! La risposta l’ho avuta qualche giorno fa: in realtà, la loro è tutta finzione. Alzano i pesi tre volte e poi si girano a guardare sia gli altri frequentatori, che i vari istruttori e personal trainer, che le guardano di rimando, si avvicinano, danno loro informazioni sugli esercizi, e flirtano in una maniera invereconda. Ecco qui quindi: la palestra non è un luogo in cui scaricare i propri stress e le proprie fatiche, né un posto in cui ci si va per rimettersi in forma: la palestra è altresì un troiaio di persone che cercano qualcuno con cui uscire.

Negli spogliatoi e sotto la doccia poi, sono tutte Miss Italia: anoressiche, bulimiche, con qualche tatuaggetto ogni tanto, e i completini intimi di Victoria’s secret. Ora, io dico questo: ma se devi allenarti e (presumibilmente) sudare, per quale oscuro motivo ti sei messa il completino intimo da 210 euro???!!! Sotto il pantaloncino aderente, un minimo suderai… a che serve tutto quel pizzo sexy, se poi dovrai riempirlo dello schifo che uscirà dalle tue chiappe sotto forma di sudore??? Ma non sarebbe tanto più comodo indossare una mutanda alla Bridget Jones di cotone, che assorba il sudore e ti faccia sentire più libera? Voglio dire, gli ometti con cui flirti mentre fai gli esercizi, mica hanno accesso allo spogliatoio di noi donne e possono vederti mentre ti spogli… perché allora? Perché? Mistero…

Una parentesi particolare, la voglio aprire a proposito delle milfone dai cinquanta in su, le “die-hard” convinte di se stesse e delle tette calate che possiedono, accompagnate ad una menopausa più o meno spregiudicata: NON C’E’ BISOGNO DI ATTEGGIARSI A RAGAZZINE, FIDATEVI! Non c’è bisogno che scegliate il make-up deciso e il push-up che portate su quelle due botticelle mosce che avete davanti. DONNE, ACCETTIAMOLO TUTTE (pure io, che un giorno sarò come loro): l’età incombe per tutte noi, e anche se per alcune esiste il lifting o il botulino, io vi assicuro che l’età anagrafica si vede tutta! Tutta! È inutile che vi fermate a mostrare le vostre (ormai rammollite) fisicità al personal trainer di vent’anni più giovane di voi! Quelli hanno energia da vendere, ma non per le milfone assatanate come voi.

In ultimo, vorrei parlare di quelle che entrano nella piscina non per fare nuoto libero, ma bensì “acquagym”. Perché il senso di questo post, è remarcare a tutti che le donne si dividono in due grandi categorie: quelle che fanno nuoto libero, e quelle che fanno acquagym, e vi assicuro che la suddivisione non è solo dettata dalla scelta dello sport da praticare, ma è praticamente come suddividere le donne con la “d” minuscola, da quelle con la “D” maiuscola, e sapete perché? Beh, perché la donna da acquagym (come pure quella da palestra), si butta in acqua completamente truccata (ma solo dove si tocca, altrimenti il trucco si scioglie), e indossa una di quelle cuffie di plastica strappa-capelli: il suo peggior terrore è bagnarsi la faccia e i capelli (che in genere sono stati appena acconciati dal parrucchiere, anche se giacciono tutti rattrappiti in quella cuffia), e infatti esegue gli esercizi indicati dall’istruttrice, stando ben attenta a non sollevare gli schizzi intorno a sé e alle sue colleghe. Solitamente, dalla corsia della piscina che percorro a severe bracciate, mi piace lanciare uno schizzetto ogni tanto, giusto per ricordare che in piscina ci si viene per allenarsi, non per fare le belle statuine. La cosa più gustosa però, è vederle sotto la doccia subito dopo la lezione: anche lì, non si bagnano il viso (che è ancora perfettamente truccato e ogni tanto imperlato di sudore) e nemmeno i capelli. si fanno la doccia a debita distanza dal rubinetto, così da essere di nuovo perfette quando torneranno in strada.

Ridicole…

Tre giorni fa, di fronte all’ennesima di queste scene, pensavo a quanto a volte noi donne possiamo essere incredibilmente tristi, e soprattutto totalmente diverse dagli uomini: per la maggior parte degli uomini, lo sport (tutto) è un piacere, uno di quei favolosi ritagli di tempo nelle loro vite, durante i quali pensano davvero a se stessi, e a scaricare il loro stress in qualcosa che li faccia stare bene. Per noi donne invece, lo sport è una costrizione fastidiosa: cresciamo con in testa il terrore di ingrassare, e viviamo con addosso quel senso coatto di dover fare sport per forza, per espiare la colpa di una pizza in più mangiata al sabato sera. Per noi donne, lo sport non è quasi mai un piacere, ma un modo per pensare a quanto siamo dimagrite.

Tutto ciò è triste.

lunedì 15 settembre 2014

ORGOGLIO E DIGNITA'.

Molti anni fa, parlando di sentimenti in una sera qualsiasi da qualche parte in Sardegna, un mio caro amico mi disse che in amore esiste una enorme differenza tra ORGOGLIO e DIGNITA’. Da quella sera estiva di chiacchiere e confidenze tra amici, questa frase mi è sempre rimasta in mente, e ad ogni rapporto, ogni relazione, ogni nuova avventura amorosa, ripensando a queste preziose parole, analizzo le varie situazioni.

Si dice che amare qualcuno significa donarsi completamente, senza remore, senza paure, in maniera totale e disinteressata. D’accordissimo. Mi trovo un po’ meno d’accordo però, quando vedo intorno a me coppie che non vivono rapporti “paritari”, ma bensì vere e proprie relazioni in cui l’uno prevarica sull’altro, creando una sudditanza psicologica da parte del “più debole”, che rischia di uccidere il rapporto. L’aggettivo “debole” viene qui da me usato impropriamente e in maniera certamente non corretta, per descrivere coloro che in una relazione amano di più, e per questo, amano anche in maniera malata.

Accettare tutto dei difetti dell’altra persona, è sicuramente cosa buona e giusta: sono infatti convinta che le persone non cambino a causa delle relazioni che vivono, ma GRAZIE ad esse. E badate bene, che è ben diverso. Nessuno di noi dovrebbe sentirsi così presuntuoso da plasmare o modellare l’altro in base alle proprie esigenze. Cos’è in fondo una relazione sentimentale, se non un percorso di crescita emotiva fatto in due? Partendo da questo assunto quindi, possiamo stare tranquilli, che non è cercando di cambiare l’altro, che otterremo più amore o più soddisfazione dal nostro rapporto di coppia. Tutt’altra cosa è invece possedere la capacità di abbandonarsi ad una relazione in maniera talmente pacata, da godersi tutte le piccole trasformazioni che l’altro realizza per noi. Trasformazioni (o modifiche) che non avvengono in maniera forzata, ma  naturale, proprio perché si ama talmente qualcuno, da essere felice di modificare in parte le proprie abitudini, le proprie vedute o i propri atteggiamenti.

Tornando per un momento al discorso orgoglio, io sono veramente e fermamente convinta che sia un freno deleterio e inutile. Ad esempio, coloro che in un rapporto di coppia non fanno mai il primo passo nel chiedere scusa, o nel riallacciare i rapporti in seguito ad un litigio che allontana, sono a mio avviso, i veri perdenti. Ogni litigio in cui si riesca a perdonare qualcosa all’altro, ha una tempistica variabile, durante la quale entrambi riflettono sulle colpe, sulle ragioni, sulle parole che sono volate e sui gesti che sono stati compiuti. Restare chiusi troppo a lungo nel proprio orgoglio, senza mettersi mai in discussione di fronte all’altro, NON E’ SINONIMO DI FORZA, BENSI’ DI DEBOLEZZA nel vivere i rapporti. La maturità non si valuta in base a chi chiede scusa per ultimo, ma in base a chi ha la capacità di riconoscere i propri errori e discuterne con l’altro. Altra prerogativa essenziale alla scomparsa dell’orgoglio, è la capacità di saper perdonare, che poi è alla base della continuità di tutti i rapporti sociali nella moderna psicologia: CHI E’ IN GRADO DI PERDONARE, E’ ANCHE IN GRADO DI ANDARE AVANTI, DIMENTICARE, METTERE DA PARTE L’ORGOGLIO, E RIALLACCIARE I RAPPORTI. In base a ciò quindi, l’orgoglio non porta molto lontano.
Ciò che invece può essere molto deleterio in una relazione, è la confusione tra orgoglio e dignità, ovvero, esattamente il contrario di quanto sopra. Le persone “indebolite” dai rapporti e con una scarsa autostima, tendono a confondere le due cose. Sono quelle stesse persone che si mettono in discussione per prime anche se l’altro ha sbagliato. Riconoscono in loro stesse la responsabilità di un errore che in realtà è stato provocato dall’altro, che però, chiuso nel suo orgoglio, non si degnerà mai di chiedere scusa riconoscendo i propri torti. QUESTA E’ UNA PERDITA DI DIGNITA’ assolutamente deleteria.

I rapporti sentimentali sono fatti di instabili equilibri e di ruoli scambievoli in cui il carattere più dominante dell’uno, può essere fatale per l’altro.
Far funzionare davvero le cose, laddove ad uno dei due manchi un buon metro di giudizio, e all’altro una buona dose di autostima, è difficile e complicato. L’orgoglio e la dignità, dovrebbero essere i due parametri fondamentali da tenere sempre presente e da mettere su un piatto della bilancia.
Un rapporto che funziona, è un rapporto dove orgoglio e dignità restano separati, e dove il secondo, non cessa mai di esistere.
Buona settimana!

lunedì 8 settembre 2014

SPARIZIONI E INCONCLUDENTI SITUAZIONI.


Un pomeriggio qualsiasi a lavoro, chiacchierando con una collega del più e del meno. Non è che l’argomento “uomini” debba per forza essere una costante nelle nostre vite, però a volte ci ritroviamo a scambiarci pareri più o meno simili sull’argomento, riscontrando TUTTE un certo calo di sanità mentale nei maschietti. E questo, non certo perché siamo coalizzate o di parte.

Lei conosce un tipo ad un aperitivo, e dopo il normale scambio di battute, si passa al numero di telefono. Da lì al flirt il passo è brevissimo: messaggini, whatsapp, scambi di battute; stranamente nessuna telefonata. Apro parentesi: avete notato quanto si è tirchi sulle telefonate ultimamente, nonostante i gestori delle società telefoniche svendano minuti illimitati di conversazione al mese? Vabbè, forse la voglia di parlarsi e di sentire crescere dentro l’emozione suscitata dalle voci al telefono, è un’immagine lontana che appartiene, chessò, agli anni ’80. Comunque, dopo lo scambio del numero, lui la invita a qualche serata. Niente di intimo, solo aperitivi con altri amici o altre robe “collettive”, che per carità, all’inizio di una conoscenza ci stanno pure bene. Lei raccoglie l’invito, partecipa insieme ad altre amiche, ma non accade niente tra di loro.

Nei giorni successivi, i due passano le loro giornate attaccati a “whatsapp” a messaggiare: si scrivono di tutto, dal semplice racconto su come passeranno la giornata, agli altri inviti ad aperitivi e feste in spiaggia. La differenza con le settimane precedenti, è che lui inizia a trovare scuse per non partecipare più ad alcun evento, e lei inizia ad aspettare che si ripresenti l’occasione per il prossimo incontro. Nel frattempo, ci sono sempre i messaggini da parte di lui, che però iniziano a diventare più sporadici, fino quasi ad arrivare alla sparizione totale del tizio in questione.

Ora voi direte “che c’è di strano?”… è solo che lui non è convinto che la tipa gli piaccia davvero, e quindi, nel dubbio, preferisce abbandonare il piacere della conquista e ritirarsi. Oppure (fatto ancor più probabile) il tipo in questione ha già le mani in pasta in un’altra situazione. ok perfetto, accetto ogni tipo di spiegazione più o meno semplicistica. Ciò che però non possiamo accettare in nessuna maniera, è il cazzeggio (o flirt che dir si voglia) che non porta ad alcuna conclusione.

SIAMO STANCHI SU!

Voglio dire, bello il flirt, belli i messaggini, bello svegliarsi col buongiorno di qualcuno che ci attira, bello avere qualcuno nella nostra rubrica che ci dedichi qualche minuto d’importanza, ma che gusto c’è se poi la cosa finisce così, senza manco una conclusione di sorta?

Esiste ancora un termine o un finale al quale si arriva dopo aver perso dei momenti della propria vita sulla chat di uno smart-phone a scambiarsi carinerie con uno appena conosciuto? Non più.

Questa pratica non è più in voga: c’è un benedetto inizio di flirt, una maledetta prosecuzione di conoscenza che potrebbe voler dire tutto e niente, e ASSOLUTAMENTE, NESSUNISSIMA CONCLUSIONE.

Per “conclusione” non intendo la decisione fatidica di iniziare una frequentazione o una relazione. Da quello siamo ancora lontanissimi: viviamo in una società in cui non ci va nemmeno più di fare la lista della spesa e di decidere cosa mangeremo a pranzo, figuriamoci se ce la sentiamo di stabilire quando inizia e finisce una relazione! Io intendo per “conclusione”, una normale forma di continuità nel rapporto. E se anche il punto di conclusione fosse una nottata di sesso folle, saremmo comunque tutti più contenti lo stesso, o no?

Perché si gioca a nascondino utilizzando le sparizioni alla David Copperfield, per poi tornare in grande stile magari facendo un complimento o rinnovando un invito ad un evento al quale – in ogni caso – non ci presenteremo? Ci sentiamo davvero così tanto soli (ma al contempo spaventati dalle relazioni uomo-donna), da ridurle solo ad una continua conversazione fatta di messaggini scritti che ci consentono di nascondere le nostre facce? E poi, perché lo facciamo? E’ solo per il piacere di sentirci al centro del mondo facendoci cercare da molte persone, o va ancora di moda l’idea della tattica che ci fa sentire più desiderabili?

Continuo a credere che in questi anni, gli uomini e le donne siano diventati vittime dei loro stessi atteggiamenti equivoci, e che si ritrovino in situazioni poco chiare, solo per una questione di presunzione e di eccessiva sicurezza in se stessi.

A cosa serve essere circondati da milioni di nuove conoscenze, e avere il telefono che suona continuamente come un centralino, se poi non siamo attratti da nessuno e non “concludiamo” praticamente con nessuno?

Una cosa è certa comunque: i gestori telefonici (e tutti coloro che gli girano intorno e che si sono arricchiti con le offerte di giga per navigare) vivono più felici di tutti quelli che oramai, delle suddette offerte, sono vittime, diventando in una triste maniera, sempre più inconsapevolmente asociali.

lunedì 1 settembre 2014

EPPUR MI SON SCORDATO DI TE... ?!

Il tempo dei veri bilanci non è la fine o l’inizio di un anno, bensì il mese di settembre. Lo sostengo da tutta la vita, e nella mia personalissima visione delle cose, il vero bilancio di ognuno di noi avviene proprio durante questo mese. A gennaio abbiamo creduto di organizzare delle cose, prefissandoci degli obiettivi ai quali a febbraio avevamo già rinunciato. A marzo la vita ha riservato altre novità, che hanno preso forma in aprile e si sono infine concretizzate in estate. Dalla fine dell’estate in poi però, è tutta questione di fatti, azioni, decisioni.

La dieta e la palestra ad esempio: quanti di voi oggi, lunedì 1 settembre riprenderanno la routine degli allenamenti, del mangiar sano dopo le bombe alla crema di mezzanotte ad agosto, e dopo gli strapazzi e gli stravizi estivi?
Quanti di voi hanno un amore che ha resistito all’estate? E non pavoneggiatevi dicendo che il vostro amore ha superato già l’inverno, perché un inverno da passare insieme, è di gran lunga più semplice di un’estate: in inverno fa così freddo, che per addormentarsi bene sotto le coperte, e per riscaldarsi il cuore e l’anima, bisogna essere per forza (e facilmente) in due.

È il caldo estivo a metterci veramente alla prova: quanti amori finiscono al telefono mentre si è lontani e mentre le tentazioni e le distrazioni dei vicini d’ombrellone la fanno da padrone?
Lei non era il tipo per voi: non le piacevano i luoghi di vacanza e i programmi estivi che le avete proposto, ha voluto fare di testa sua, raggiungere un’isola lontanissima nel mare più blu. Lui non aveva in mente la vostra stessa idea d’estate e di vacanza. Aveva impegni più importanti, questioni personali più difficili… poi c’erano le altre donne, i costumi da bagno poco castigati tutt’intorno, gli abitini succinti, i ritorni di fiamma, i messaggini e le telefonate per rincontrarsi… stessa spiaggia, stesso mare.

Credetemi, a consolidare un rapporto durante l’inverno, non ci vuole granchè. L’inverno è per eccellenza la stagione in cui due persone tendono a stare insieme. Il difficile, la prova da superare, la montagna da scalare, viene in estate.
E allora, mi piacerebbe sapere in quanti avete superato indenni l’estate, la distanza, e le varie divergenze caratteriali. Quanti di voi hanno resistito, quanti di voi invece, hanno mollato, e sono volati verso altri “lidi”, o hanno raggiunto altri mari.

Mi è capitato tempo fa di sentir parlare alla tv un noto psichiatra italiano, il quale spiegava ai suoi telespettatori la questione della sindrome da rientro. Faceva considerazioni su quanto ogni ritorno alla normalità e alla routine, possa essere deleterio e in alcuni casi drammatico per molti di noi. Non c’è niente da fare: la pubblicità della Costa Crociere, in cui si propongono due croceristi che piangono disperati di ritorno dalla vacanza dei loro sogni, esiste sul serio. Vedo già molti di voi stamattina nelle vostre postazioni di lavoro, soffrire amaramente ricordando quelle giornate di vacanza senza stress. Ebbene, il noto sociologo in questione, non dava suggerimenti su come evitare di soffrire una volta rientrati a lavoro, bensì, diceva semplicemente “RICORDATEVI CHE LA VOSTRA FELICITA’ REALE, NON E’ QUELLA CHE VIVETE IN VACANZA, SULLE SPIAGGE DEI VOSTRI SOGNI, NEI POSTI PARASIDIACI CHE AVETE VISITATO. LA VERA FELICITA’, RISIEDE PROPRIO NELLA VOSTRA ROUTINE, NEL VOSTRO LAVORO, NEL VOSTRO STRESS, NELLA VOSTRA FAMIGLIA, E (SOPRATTUTTO) NELLA PERSONA CHE CONSAPEVOLMENTE AVETE SCELTO DI AVERE ACCANTO”.

In base a questa affermazione quindi, vorrei suggerirvi di ricominciare a lavorare stamattina guardando il collega della scrivania accanto, senza avere istinti omicida nei suoi confronti. Vorrei suggerirvi di pensare al vostro lavoro, come la cosa migliore che siete riusciti a realizzare per voi stessi. Infine, vorrei suggerirvi di guardare la persona che (ANCORA) avete deciso di tenere accanto a voi, e di pensare che se ci sono decisioni da prendere (positive o negative) bè, è arrivato il momento di farlo, senza rimandare.

Se la vera felicità non è la vacanza dei vostri sogni, ma la vostra vita, prendetela in mano quella vita, con accanto le persone che avete scelto, e fate in modo che diventi il vostro reale paradiso di felicità. Se invece siete molto fortunati e questa estate avete vinto la lotteria, vi do ufficialmente il permesso di mandare a quel paese il vostro capo, mollare il vostro/la vostra partner, e ricominciare dall’angolo di paradiso che avete visitato.

In ogni caso, buon rientro a tutti. Ilenia è tornata…ma in realtà, non se n’era mai andata via! 


lunedì 16 giugno 2014

DONNE IN RINASCITA.

Più bello di un nuovo amore che nasce, c’è solo un vecchio amore che finisce… laddove uno dei due sia una donna in rinascita. Ho riflettuto parecchio sul senso di fallimento alla fine di una storia d’amore, e ho concluso che nell’immaginario collettivo di molti di noi, una storia che finisce, prevede la successiva caduta in depressione SOLO di uno dei due, che normalmente è la donna.
(ripeto, nell’immaginario collettivo, ma non sempre nella realtà dei fatti, quindi non sentitevi toccati…).

Non so per quale strana questione, tra uomini e donne, quelle che affrontano con maggiore difficoltà la fine di un idillio amoroso, siamo quasi sempre noi donne. Forse perché siamo più abituate a pensare in maniera “pluriennale” e investiamo parecchio negli uomini che decidiamo di avere accanto, riponendo in loro quella certa fiducia per la quale un giorno saremo madri e mogli e/o compagne di vita. Forse perché appunto – come dicevo sopra – l’immaginario collettivo non si è ancora abituato all’idea di vederci single una volta raggiunta una certa età, fatto sta che – sarà anche un caso – ma tutte le volte che un amore finisce, c’è una casistica maggiore di donne che la prendono veramente molto male rispetto agli uomini, o che comunque hanno un tempo di ripresa relativamente più lungo.

Oggi invece vorrei parlare di quella categoria di donne che io definisco “in rinascita”, ovvero tutte coloro che in seguito alla scoperta di un tradimento, o a una perdita di fiducia nei sentimenti, hanno passato solo poco tempo a leccarsi le ferite, ritrovando poco dopo quelle straordinarie donne che erano fino a qualche tempo prima.

Parliamoci chiaro, prima di conoscere gli uomini che scegliamo, noi donne SIAMO TUTTA UN’ALTRA COSA: dedite allo sport e alla cura del fisico, abituate ad allargare le nostre frequentazioni e i nostri giri di amicizie, attente a non cadere in quella trappola di vita che ci vorrebbe sempre e solo madri e mogli. Mantenere una relazione e mantenere anche se stesse così come si era prima di quella relazione, è cosa complicata per alcune.

Eppure, da queste pagine vorrei spezzare una lancia a favore di tutte quelle donne che cadendo si sono rialzate da sole (o con l’ausilio delle persone più care che avevano intorno). Quelle donne che prima di fidanzarsi pesavano 50 chili e avevano cosce e culi sodi, e quando sono state mollate, ne pesavano 120, ma hanno comunque avuto la forza di volontà per tornare ad essere le splendide creature che erano. Quelle donne che hanno pensato che dedicare la loro intera vita ad un uomo, fosse cosa buona e giusta… peccato che quando hanno trovato quello stesso uomo a letto con un’altra, il loro piccolo mondo con lui era diventato un inferno, e pur tuttavia sono state in grado di ricrearsi un altro circoletto di persone che le hanno aiutate a sentirsi meno sole.

Quelle donne che hanno investito in una figura maschile, conferendogli quasi lo stesso valore che avevano dato al loro padre, e poi invece si sono ritrovate in casa degli uomini violenti, egoisti, traditori, che del concetto di amore non conoscevano nemmeno le basi più elementari.

Ebbene, NON ESISTE NIENTE DI PIU’ DANNATAMENTE BELLO DI UNA DONNA IN RINASCITA. Se penso al concetto di voler bene a se stesse, niente può essere paragonato alla bellezza di una donna che cambia colore e taglio di capelli dopo essere stata mollata, o all’emozione della forza di volontà che la porta ad alzarsi dal letto quando tutto ciò che vorrebbe, è starsene sdraiata con la tapparella completamente abbassata annegando nella depressione più nera. I cambi di abiti nell’armadio, i cambi di stile che quasi sempre coincidono col concetto di una nuova immagine di sé. Di un’immagine di sé migliori, più forti, più grintose, più determinate a gridare al mondo, che tanto d’amore non si muore.

In questi ultimi mesi ho seguito l’evoluzione di una di queste giovani donne, che poi è una ragazza che – guarda caso – ho imparato a conoscere meglio proprio dopo la fine della storia d’amore della sua vita. E’ incredibile la bellissima mutazione che ha compiuto, ritrovando una se stessa che credeva di aver dimenticato nei meandri di un appartamento nel quale aveva convissuto col suo (ormai) ex. E’ una ragazza che ha ritrovato la solidarietà femminile con le sue amiche (vecchie e nuove), che ha ripreso a viaggiare dopo che per un imprecisato motivo, aveva smesso di farlo (solo perché stava insieme ad un uomo), che doveva pensare a mandare avanti una casa “per due”, con le lavatrici da fare “per due”, e i panni da stirare… sempre “per due”. Cucinava “per due” e non investiva più nulla nella libertà di pensare individualmente. Usciva poco, e quando lo faceva era quasi sempre con lui o con gli amici di lui.

Questa sera ho percorso un breve tratto di strada a piedi con lei, e ho rivisto in quella giovane donna, quella che ero io qualche anno fa, quando inconsapevolmente non immaginavo che per una donna potesse esistere dell’altro oltre alla vita di coppia. E’ stato bello parlarle, ascoltarla ridere della fase difficile che ha vissuto subito dopo la fine di una delle storie più importanti della sua vita; il distacco che ha assunto oggi nei confronti di qualcosa senza cui pensava di non poter vivere, è meraviglioso.

Dalle pagine di questo blog mi piacerebbe lanciare un messaggio importante alle donne di qualsiasi età che inconsapevolmente stanno investendo tutta la loro vita in una storia d’amore, tralasciando ciò che sono e la loro individuale importanza su questo pianeta. E non si tratta di un messaggio femminista, o di un’incitazione a non amare, bensì, è un suggerimento per vivere meglio l’amore, perché se in amore ci si annulla, se si dà troppa importanza solo ai bisogni e alle necessità dell’altro, si finisce per ridurre il concetto di un sentimento che invece deve vederci “completi”.
Pensate a voi come siete “con l’amore”… e ora provate ad immaginarvi come vorreste essere quando quell’amore finirà, e tutto ciò che resterà sarà la voglia e la forza di reagire. Non è una malattia dalla quale non si può più guarire, anzi! Nel cento per cento dei casi ci si riscopre migliori di quanto non si era prima, e ci si rende conto persino che così come si era prima (quando si ragionava “in due”), non ci si vuole tornare più.

Siate prima di tutto libere e serene con voi stesse. Solo così sarete in grado di affrontare la tempesta quando (e se) dovesse mai arrivare.
A lunedì prossimo

lunedì 9 giugno 2014

DONNE E TERRITORIALITA' IN CASA DEGLI UOMINI.

E’ una verità universalmente riconosciuta, che una donna che fa le pulizie a casa dell’uomo che sta frequentando, racchiude in sé quattro questioni:
la prima è il fallimento totale e completo del femminismo, visto come movimento che pretendeva di rivendicare l’uguaglianza tra i due sessi (gli uomini puliscono, ma naturalmente nessuno di loro pulisce come lo facciamo noi! Anche da questo punto di vista, quindi, rassegniamoci: siamo diversi);
la seconda è il suicidio completo di una donna (viste le condizioni in cui vertono gli appartamenti di certi uomini single, nonché a causa del fatto che nessuna donna verrà mai abbastanza ringraziata per l’olio di gomito che impiega, poiché l’uomo medio vive benissimo nella sua sporcizia e nel suo disordine, senza chiedere nulla di più).

La terza è l’avvento di un possibile innamoramento in corso (sappiamo perfettamente, donne, quanto siano pesanti i lavori di casa, quindi l’unico motivo che ci porta a compierne nelle dimore altrui, oltrechè nella nostra, può essere solo l’amore).
L’ultima, è la possibilità da parte della donna in questione, di comunicare a quella che entrerà in casa del suo uomo dopo di lei, una sola cosa: “CHIUNQUE TU SIA NON IMPORTA… IO SONO PASSATA QUI PRIMA DI TE, QUINDI ABBI CURA DI LUI NELLA STESSA MANIERA IN CUI L’HO AVUTA IO…”.

Parliamoci chiaro: senza voler essere necessariamente delle maniache psicopatiche della pulizia, uno dei maggiori motivi di scontro tra uomini e donne nella convivenza, è di sicuro la questione “ordine e pulizia”. Purtroppo (o per fortuna) da che mondo è mondo, noi donne nasciamo e cresciamo col pallino di dover mandare avanti la casa.
Quando siamo bimbette ancora in fasce, il mondo ci è già ostico rispetto ai nostri colleghi maschietti, perché a noi è assolutamente vietato fare pipi’ sedute toccando il bordo di qualsivoglia water. Penalizzate in tutto (come se non bastasse il ciclo mestruale ogni mese, e le infezioni di cui SOLO gli ometti sono portatori sani, sappiatelo!), da quando siamo molto piccole, abbiamo imparato bene la lezione del tenerci in equilibrio in piedi a cosce aperte sul cesso, stando bene attente che la pipi’ non vada a finire né sul pavimento, né sui nostri abiti e/o scarpe. Con le nostre mamme che ci urlavano da fuori “ce la fai da sola o hai bisogno di aiuto?”, oppure tenendo stretto in mano il kleenex, la borsa, il cappotto, e ultimamente pure lo smart phone o il tablet!!

Insomma, sia per conformazione fisica, che per educazione che diventa modus vivendi, noi donne siamo le “filippine ufficiali” sia di casa nostra, che di quella dei nostri uomini, stando però sempre ben attente a non intralciare la “di lui privacy”, poiché il passo tra l’aver riposto nel verso contrario i suoi profumi sulla mensolina del bagno mentre pulivamo, e l’essere sfanculate per sempre, è davvero breve. Del resto, anche noi nei nostri rispettivi armadi e cassetti, abbiamo il nostro personale ordine mentale, dove nessuno può giudicare, quindi, ci barcameniamo tra i rasoi, i detergenti e i bagnoschiuma, stando ben attente a non irritare l’ometto, il quale, indaffarato tra una partita di playstation e una birra con gli amici, ci aveva urlato dalla cucina di non disturbarci, che poi ci avrebbe pensato lui a pulire. E invece noi no! Noi DOBBIAMO AVERE IL CONTROLLO dell’intera situazione, sempre e comunque: se la sua lavatrice tira fuori dei panni non proprio profumatissimi, non vediamo l’ora di correre da lui, dopo esserci fermate al supermercato e aver comprato l’ultimissimo modello di ammorbidente, che una volta indossato il suo capo preferito, gli farà ricordare che quel profumo sensazionale che lo inebria ancora a distanza di qualche giorno dall’ultimo lavaggio, in realtà altro non è, se non merito nostro; ovvero, quello stesso merito che dovrebbe portarlo a scegliere proprio noi, solo noi, nient’altro che noi, rispetto alla prima donnetta qualsiasi che passa di fronte al cancello di casa sua. E allora, giù tutte li’, a studiare le marche dei prodotti per il bagno che ogni volta che sarà seduto sul cesso, lo inebrieranno di odore di lavanda, malva, menta, fragolina di bosco (e chi più ne ha, più ne metta), ricordandogli che SIAMO STATE NOI a creare quella fresca atmosfera di pulizia…

Oppure tutte li’, a confabulare con le nostre nonne, per capire come possiamo rendere impeccabili i colletti delle sue camicie, usando il detersivo giusto che poi ci aiuterà a stirare meglio, facendoci persino risparmiare del tempo, oltre a farci osannare da lui perché siamo le uniche al mondo in grado di fargli indossare una camicia cosi’ ben stirata.

Tutte là, a passare una vita intera sbattendoci per lui, senza tenere conto del fattore fondamentale che sempre tendiamo a dimenticare, ovvero, che su questo pianeta ci sono sette donne per ogni singolo uomo (pensate che tra tutte le sette vostre concorrenti, voi siate le uniche in grado di raggiungere la perfezione?!). Pazze! Siete delle pazze se pensate che lui non troverà un rimpiazzo migliore al prossimo angolo di strada… Ricordatevi: sette donne per ogni singolo uomo. Il che vi rende continuamente delle eterne imperfette agli occhi di lui…

…E poi, care amiche donne, che dire infine del fatto che il vecchio e caro proverbio “l’omm’ ha da puzzà”, è ancora del tutto in auge, anche se la città pullula di fighettini perfettini? Ecco, basta tenere presente questo, per ricordarci che gli uomini sono esattamente come i cani: non solo si possono addestrare bene da cuccioli se le loro madri hanno saputo insegnar loro a fare il proprio dovere, ma possiedono la straordinaria capacità di vivere bene anche se si sono strofinati sull’erba sporca, bagnata e puzzolente fino ad un minuto prima!!! Loro, a differenza nostra, adorano gli odori “della natura”. E’ per questo che le uniche a scandalizzarci se fanno una puzzetta nel letto o si concedono un rutto libero durante una serata con gli amici, siamo noi! Perché loro sono dei selvaggi che sanno bene quando è il momento di diventare dei maniaci della pulizia.
Restiamo rilassate dunque: in casa loro, decidono loro! Possiamo aiutarli, certo, ma senza sbatterci più di tanto. Piuttosto, potremmo impiegare il tempo passato a rassettare, in una maniera che loro apprezzano sicuramente di più… Ci siamo capite, credo…
A lunedi’

lunedì 19 maggio 2014

DONNE E SINGLETUDINE.

Per noi donne la solitudine è la peggiore nemica che possiamo trovare sulla nostra strada (dopo la cellulite, naturalmente!).
Per la prima volta dopo qualche mese, questo week end sono di nuovo “sola”. Non intendo dire che non ho più amici, né famiglia, né altro… intendo dire che non ho ancora capito se con lui sono in definitiva rottura, oppure se dopo il week end avremo il coraggio di sotterrare la nostra ascia di guerra, e tornare a telefonarci, scriverci e frequentarci. Così, questa settimana ho deciso di scrivere un paio di cose sulla solitudine vista dalle donne, complice anche la recente chiacchierata appena fatta con la mia amica nella cucina di casa nostra mentre mangiavo uno yogurt Muller.

Pensavamo noi donne, che non esistesse nemica peggiore nelle nostre vite, della cellulite. Invece ci siamo dovute ricredere: oltre alla cellulite, alla ricrescita sui capelli, ai capelli bianchi, ai peli superflui che dobbiamo stare attente a rimuovere da ogni parte del nostro corpo, alle ex, e all’orologio biologico, sicuramente sul podio delle nemiche più temute, ci mettiamo anche la solitudine.

Mi sono interrogata sui motivi chi ci portano a non stare tanto in pace con noi stesse, se specchiandoci, l’unica figura che vediamo riflessa è la nostra, e ho capito che i motivi sono molteplici, ed alcuni, sono anche nascosti e reconditi.
Prima di tutto, nell’immaginario collettivo, una donna per definizione NON DEVE essere sola. Il detto reciterebbe “meglio soli che mal accompagnati”. Ecco! Questa regola vale solo per gli uomini. La nostra cultura ci impone (ancora oggi, nel 2014) di metterci accanto qualcuno che non valga davvero la pena, rispetto al non avere nessuno. Ancora nel 2014 siamo viste come “streghe” se ci rechiamo agli eventi da sole, se facciamo la spesa da sole, se ripariamo i tubi del lavandino da sole… se tentiamo di provare piacere DA SOLE. Demonizzate, bistrattate, costrette a sentirci appellare ancora con una parola che non è mai in disuso: zitelle. Oppure prede di qualsivoglia dubbio riguardo alle nostre preferenze sessuali. “Magari è sola perché è lesbica e non vuole dichiararsi…”. Sbagliato! Vi informo che le lesbiche hanno una vita sentimentale molto più equilibrata di quella che abbiamo noi tutti etero messi insieme.

La questione delle apparenze da salvare la fa da padrona: meglio trovarsi qualcuno, farsi sposare, se possibile mettere anche al mondo dei figli (altrimenti la situazione può solo peggiorare), che decidere di restare sole perché non ci si vuole accontentare. E poi parliamoci chiaro: anche noi stesse, questa questione di arrivare a casa la sera e non trovare nessuno, del metterci a letto e non avere nessuno accanto, come la prendiamo?
Ho passato nella mia vita dei lunghissimi periodi di singletudine, e nonostante le primissime fasi di sofferenza, col tempo ho finito per abituarmici, fino a quando sono arrivata al punto di non poter più sopportare di avere accanto qualcuno che volesse restare a dormire, che organizzasse il mio tempo libero e i miei week end, che mi telefonasse più volte al giorno, che amasse parlare al plurale e sostituire la parola “NOI” a “IO”. Ero diventata ME, SOLO ME, NIENTE ALTRO CHE ME. Io mi sveglio al mattino e decido per la mia vita senza tenere conto dell’altro, io mangio quando voglio, esco quando voglio, tengo in frigo ciò che voglio, mi organizzo come mi pare.

STAVO BENE, mi credete? Anzi, non solo: sentivo quasi il timore di tornare a dover rendere conto a qualcun altro della mia vita. Rifuggivo il pensiero, scappavo dalla possibilità di approfondire una conoscenza, non rispondevo alle chiamate insistenti di qualche uomo, non accettavo altri inviti a meno che non mi venissero presentati degli argomenti molto convincenti. IO ERO IO, AVEVO RAGGIUNTO IL MIO EQUILIBRIO E L’AVEVO FATTO FATICANDO, PASSANDO PER MOLTE SOFFERENZE, DALLE QUALI USCIVO OGNI VOLTA CON LE OSSA ROTTE. OGNI VOLTA ERO UN PO’ PIU’ DEBOLE E MI TOCCAVA RITROVARE QUELLA FORZA E QUELL’EQUILIBRIO CHE POI SONO I FATTORI FONDAMENTALI PER TENERCI IN PIEDI IN QUESTE MISERE VITE.

Eppure ogni giorno che passava, maturavo la consapevolezza che quella condizione di singletudine non fosse regolare, che non fossimo stati messi a questo mondo, per essere concepiti come entità separate, che come ogni donna, possiedo un orologio biologico, e non ho tanto tempo a disposizione, se per caso decidessi (un giorno) di sentirmi “completa”. Ci sguazzavo bene in quella solitudine, mi ci ero abituata, non conoscevo più le forme d’affetto nella loro essenza. Ero diventata persino brava a rimettere sul pianerottolo gli uomini che decidevo di frequentare.
Non concluderò questo post con una “soluzione”. Non mi riterrò detentrice di una verità che è pur sempre molto personale, e che quindi non posso pensare di applicare a molte altre donne. Eppure posso dire che il mio rapporto con la solitudine, nel tempo è fortemente cambiato: non la guardo più da lontano e non la evito più come la peste come fanno molte altre donne. Godo dei miei spazi, scrivo, lavoro, penso al mio fisico e al mio corpo, esco, conosco persone nuove, osservo, studio i comportamenti, e sempre più mi discosto da un prototipo di uomo che non vorrei mai accanto: l’egoista, il presuntuoso, l’egocentrico, l’insensibile, l’iroso, l’aggressivo, il poco incline al sorriso. E più vado avanti ad elencare questi aggettivi, più mi rendo conto che IN VERITA’ IO NON HO PAURA VERAMENTE DELLA SOLITUDINE… PERO’ HO UNA PAURA FOTTUTA DI TENERMI ACCANTO UN UOMO COME QUELLO DEGLI AGGETTIVI DI CUI SOPRA.

E quindi mentre vi scrivo è sabato, e devo dire che oggi, il mio cammino per fare pace con la solitudine, sta prendendo una piega molto migliore di ieri. Ieri ero ancora spaesata, confusa, avevo ancora qualche lacrima in tasca che non era stata compresa. Oggi ho già più chiaro chi sono, mi sono già rimessa nei binari di una vita che appartiene solo a me e di cui sono gelosa.

Mi sono svegliata in questa casa che amo, all’ora in cui volevo svegliarmi io. Il sole è entrato dalla tapparella, e nonostante non avessi voglia di fare nulla, in realtà avevo un elenco di cose lasciate indietro che ho ripreso in mano con molta disinvoltura. La cosa meravigliosa di questa casa, è che niente è mai perduto, che non esistono Maomette che vanno alle montagne - laddove le montagne decidessero mai di andare per i cazzi loro - che i peli superflui ce li siamo già tolti (non si sa mai), e che in forno c'è una buona parmigiana.
Una volta avevamo anche il vino buono - perché il vino buono sta nelle botti piccole - ma da qualche tempo abbiamo deciso di restare sobrie... giusto per non dimenticare mai chi siamo e da dove veniamo. Stasera – che è sabato – andremo per altri lidi. Raminghe, ma mai disperate.

Seguite l’esempio, donne single! Buona settimana a tutte voi!