lunedì 22 dicembre 2014

L'ALBERO DI NATALE DI MEZZANOTTE E QUARANTACINQUE.

(Un po’ un racconto dal sapore diverso rispetto agli altri miei post, un po’ un modo di farvi gli auguri).

Non sapevo bene cosa scrivere su questo blog che fosse almeno un po’ inerente al Natale. Del resto il Natale non è poi un buon momento per tutti quei singles che mi leggono. Dai social network si evince quanto ogni mio contatto single, detesti questa festa e la affronti con pieno cinismo, perché i singles (soprattutto quelli di una certa età e con un certo background sentimentale) non hanno molta voglia di cenoni, familiarità, bontà d’animo e scambi di regali. Molti dei miei amici single, vivono malissimo il fatto di dover passare tre giorni con la loro famiglia ed essere regolarmente “stalkerati” da nonne, nonni, zii, cugini, padri e madri, riguardo alla loro situazione sentimentale. Ricordo che un anno, presa dalla disperazione, ma anche da un forte senso di ironia, alla domanda di mia nonna “Come mai non hai portato il fidanzato al pranzo di Natale”, risposi che ero lesbica!!! Credo che per qualche istante mia nonna ci abbia creduto davvero, tuttavia, qualche tempo dopo frequentavo già un altro ragazzo, e una volta arrivate le feste pasquali, mi giocai la carta del “sai nonna, non lo conosco ancora bene nemmeno io… preferisco evitare di presentarvelo…”. E così, i singles vanno avanti, Natale dopo Natale, osservando i cugini già maritati (ma disperati perché davvero non si aspettavano di fare una fine così penosa sposandosi), e le cugine ingrassate perché hanno partorito già due pargoli.

Noi, non siamo quelli “fatti per il Natale”, e tutto ciò che vorremmo quando la festività più sentita dell’anno arriva, è passare direttamente al sette di gennaio senza manco il foglio di via.

Tuttavia qualche giorno fa ero diretta in centro a Roma per una passeggiata “ristoratrice”, di quelle in cui hai anche voglia di osservare le luci di Natale e farti scaldare il cuore, e mentre ero in metro, si è seduto accanto a me un uomo sulla quarantina, palestrato e curato. Come ormai facciamo tutti noi schiavi dei nostri smart phone, una volta occupato il sedile, ha tirato fuori il suo telefono, ed ha cominciato a far scorrere una sequela infinita di sms rivolti ad un destinatario con il nome di un uomo. Non è che volessi a tutti i costi farmi i fatti suoi, però insomma, ero seduta accanto, il suo display era messo bene a favore “del mio occhio indiscreto”, e alla mia fermata ne mancavano ancora parecchie. Per circa due minuti, il suo sguardo è stato fisso su un sms in particolare, destinato sempre allo stesso uomo di cui sopra, e il testo di tale sms recitava:
“Cosa posso fare io se ti amo, e se tutta la mia esistenza dipende da te? Ogni volta è come se il mondo si fermasse…” (continuava, ma onestamente non ricordo più le parole che seguivano). Poco prima della sua fermata poi, il quarantenne ha fatto scorrere con il pollice altri messaggi, e li ha aperti. Questa volta avevano come mittente un nome di donna, e recitavano frasi tipo “amore mio ricordati che stasera abbiamo quel compleanno… ecc ecc”. Richiuso uno degli ultimi sms col nome di donna come mittente, ho visto l’uomo spegnere il display, fissare il vuoto a terra per qualche secondo mentre il treno andava a tutta velocità, e infine, sospirare amaramente.

Ho sentito e percepito dentro, tutta la sua sofferenza per un amore che probabilmente avrà deciso di non rivelare mai a nessuno. In quel sospiro finale, che lo riportava ad una sua triste realtà e gli faceva probabilmente rimpiangere il suo momento romantico e pieno di pathos con un'altra persona, io davvero, ho avvertito tutta la disperazione che ognuno di noi prova o ha provato, quando qualcuno che amiamo non ci ricambia, oppure quando amiamo qualcuno e non possiamo farlo alla luce del giorno per qualsiasi motivo. Magari il primo sms era rivolto ad un uomo, oppure ad un’altra donna che era la sua amante, e che lui aveva registrato in rubrica con un nome di donna, proprio per non essere scoperto dalla sua donna ufficiale. Ecco, era quest’ultimo il motivo del suo sospiro: era il sospiro di una delle sofferenze peggiori che dalla notte dei tempi vengono inflitte al genere umano: l’amore per la persona che desideriamo, ma che per qualche ragione “X” non possiamo avere.

L’uomo è sceso qualche fermata prima di me. L’ho guardato farsi strada tra la gente per guadagnare l’uscita in una vita che spesso somiglia proprio alle “sliding doors” di un treno metropolitano, e ho pensato che l’amore è un sentimento che come una malattia, colpisce ognuno di noi, senza guardare in faccia nessuno. Chi avrebbe mai immaginato che un quarantenne così sicuro di sé, potesse vivere un dramma interiore in quel preciso istante?

Ho fatto la mia passeggiata e poi sono tornata a casa, e qualche giorno dopo era già abbondantemente superato l’otto dicembre e io dovevo ancora fare l’albero di Natale. E’ arrivato velocemente il week end, e un sabato sera qualunque, a differenza di molte altre sere in cui esco con le mie amiche, ho voluto ritirarmi prima del previsto senza dare tante spiegazioni per congedarmi. In certi momenti, la solitudine può rinfrancare le nostre menti troppo piene di pensieri. Sono arrivata a casa e mi sono fatta una doccia; poi ho preparato il pranzo per l’indomani, e fatto partire la lavatrice dopo aver messo delle lenzuola pulite nel mio letto.

Era mezzanotte e quaranta, e ormai su quelle federe pulite era rimasto solo l’odore di un ammorbidente qualsiasi. Non c’era più “niente di personale” ad abitare queste mura, questa cucina, questo letto. Ormai tutto era “impersonificato”: gli odori erano quelli di una casa normale, dove ormai giravo solo io. I “tuoi odori” erano scomparsi insieme a tutte le tue cose che avevo gettato via nelle settimane precedenti, e ciò era triste e mi faceva sentire ancora più malinconica. Così, senza pensare poi molto, quel sabato notte ho fatto l’albero di Natale, giusto per non lasciare che il cinismo si impossessasse troppo di me. Era mezzanotte e quarantacinque e quelle palline colorate mi hanno fatto pensare ai Natali di quando ero bambina. Le ho posizionate una ad una lasciando completamente vuota la parte posteriore dell’abete di plastica, perché non ne avevo abbastanza per riempirlo tutto.

È già passato quasi un anno, e in quell’albero di Natale di mezzanotte e quarantacinque, ho riposto tutto il mio coraggio. Perché TU non ci sei più, e che mi piaccia o no, questa non è affatto una realtà che può essere mitigata dalle luci del Natale.
(Cari lettori, volevo scrivere un post divertente sul Natale, ma la malinconia di questa festa ha sorprendentemente preso il sopravvento su di me, ed è una cosa che accade molto raramente. Tuttavia, scrivere è anche questo per me).

Buon Natale e un felice 2015 a tutti voi. Ci rileggiamo lunedì 5 gennaio.


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