lunedì 5 maggio 2014

GLI OPPOSTI SI RESPINGONO?

Da qualche settimana, una delle mie migliori amiche esce con un tipo che non ha nulla in comune con lei. La ascolto parlare di lui mentre siamo in metropolitana verso Cinecittà ed ha quasi le lacrime agli occhi:
“Hai presente la perfezione? Ecco! Lui è il tipo perfetto: dolce, sensibile, attento a me  e alle mie esigenze, premuroso... per non parlare di come siamo ben assortiti a letto...”
“Beh, dov’è il problema?” rispondo io.
“Il problema è che lui ci vede già proiettati in un futuro ipotetico, ed io invece no, perchè quando parlo con lui, mi rendo conto che non abbiamo assolutamente nulla da dirci: non un punto in comune, non un argomento da affrontare, non una situazione simile da condividere... per questo motivo sono costretta a non “incasinarmi sentimentalmente” nei suoi confronti. Non voglio autoconvincermi del fatto che lui possa piacermi, solo perchè per ora facciamo del gran sesso. Di conseguenza, non voglio che lui sia così carino con me riservandomi mille attenzioni, perchè so che questo è esattamente il tipo di atteggiamento che mi farà “cadere...”

Ecco qui, ci risiamo, sono sempre più convinta che il mondo si stia completamente ribaltando: abbiamo uomini che diventano gentili e attenti subito dopo averci dato una “ripassatina” a letto, e non siamo contente. Poi dietro l’angolo incontriamo altri uomini che si dimenticano di noi un minuto dopo “l’incontro ravvicinato del terzo tipo”, e ci lamentiamo!

In realtà le cose non stanno proprio così: non ci dispiace essere coccolate subito dopo il sesso (anzi!). ciò che vogliamo evitare però, è la questione dell’affettività nei confronti di qualcuno riguardo al quale non siamo proprio pienamente convinte... e in questo, non c’è proprio niente di male. Esistono donne che detestano stare sole, e sono proprio loro che preferiscono autoconvincersi a tutti i costi che un uomo faccia al caso loro.

Piuttosto però, la riflessione che scaturisce, è quella sulla teoria degli opposti. Si è soliti dire – ma secondo me è più una maniera di giustificare – che gli opposti si attraggono. Può una affermazione di questo genere essere seriamente presa in considerazione, oppure davvero la utilizziamo come giustificazione quando vogliamo per forza trovare dei buoni spunti in una relazione?

Facciamo un esempio pratico: a me piace il mare, a lui la montagna. Quando lui vuole andare in montagna, io preferirei mille volte andare al mare. Vado in montagna con lui perchè sono consapevole del fatto che una relazione si basi sul rispetto dell’altro, e quindi, volendo rispettare le sue preferenze, faccio un sacrificio e vado in montagna. Certo, ci vado una volta l’anno, mi pesa (ma non più di tanto in fondo, se penso che comunque passerò del tempo con lui), eppure so che se vado in montagna per quell’unica volta l’anno, lui sarà felice, e amare qualcuno significa anche e soprattutto volere la sua felicità. Il punto miei cari, non è tanto se mi pesa o no andare in montagna. Il punto è, quanto sono disposta a sacrificarmi per la sua felicità?

Non abbiamo niente da dirci perchè le mie esperienze di vita sono diverse dalle sue. Possediamo degli hobby e spendiamo il nostro tempo libero in maniera del tutto diversa rispetto a lui. Abbiamo interessi non comuni e quindi argomenti che non possono sfociare in nessuna maniera in ambiti comuni. Quanto tempo possiamo durare? Per quanti giorni, mesi o anni, il sesso ci unirà fisicamente e mentalmente al punto da farci dimenticare le affinità che tengono in vita una relazione? Qualcuno di voi dirà “Almeno avete un punto in comune a vostro favore: il sesso. Pensate se non ci fosse nemmeno quello...”. Tutto vero, eppure sappiamo anche che dopo qualche tempo, “non di solo sesso vive una coppia felice”, e noi dovremmo pensare certamente alla nostra felicità momentanea, ma anche e soprattutto ad un concetto di felicità inteso come pluriennale, laddove nell’immaginario collettivo, non si dovrebbe mai smettere di pensare a come essere veramente felici.

E chi ha detto che la felicità deve durare in eterno, e soprattutto, dove è scritto che in amore si deve essere felici per sempre con una sola persona? E se invece smettessimo di concepire l’amore come un sentimento sul quale investire per un tempo indefinitamente lungo, e iniziassimo a pensare che la vita è composta di tanti momenti, ognuno dei quali diverso dall’altro, ognuno dei quali non può essere concepito come una linea retta che riserva solo momenti di gioia, ma anche – talvolta – sofferenza, dolore, senso del fallimento in seguito alla fine di una storia d’amore? Possiamo per un momento smettere di pensare che conoscere una nuova persona, e ammetterla nella nostra vita, nelle nostre pareti domestiche, tra i nostri amici, significhi per forza inquadrarla in un’ottica di futuro nel quale non è previsto un fallimento?

È ovvio che ognuno di noi dovrebbe puntare ad una felicità che duri il più possibile a lungo, ma senza per questo escludere dal proprio vissuto i dispiaceri, i fallimenti, e tutto ciò che, come si suol dire, fa parte della vita.

Invece io, scesa dalla metropolitana dopo la chiacchierata con la mia amica, e arrivata in quel di Cinecittà, ho pensato a cosa mi mancava quella sera, e a chi avrei davvero voluto accanto per addormentarmi serena, fermando quel tempo, quel momento, senza stare troppo a domandarmi se lui fosse l’uomo per me, se i nostri caratteri opposti ci avrebbero mai portati da qualche parte e se la nostra storia/frequentazione/relazione, sarebbe durata ancora a lungo, o magari ancora solo un’altra settimana.

La risposta è “NON LO SO”, ed è quello stesso “NON LO SO” che fino a qualche tempo fa ero abituata a pronunciare anch’io, mettendo in subbuglio il mondo intero riguardo ad una vita sentimentale che di fatto riguardava solo me stessa. Che cosa faremo domani? Dove andremo? Quanto durerà la nostra storia, tenuto conto del fatto che non abbiamo praticamente niente di niente in comune?

Ebbene, NON LO SO.

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