Purtroppo
(o per fortuna) sono una turnista, e mio malgrado, lo sono da dieci anni e
mezzo… anzi, da dodici e mezzo, se considero i due anni del mio lavoro
precedente. In dodici anni e mezzo di turni, ho perso ogni possibile valore
legato alle tradizioni che tutti coloro che fanno una vita da normalisti
possono vivere. Mi sono dimenticata i Natale da passare a casa con la famiglia,
i Ferragosto al mare, i primo dell’anno al pranzo di inizio anno, i Capodanno a
brindare con le persone che mi vogliono bene. A Pasqua e Pasquetta non ho idea
di cosa voglia dire fare un pic-nic all’aperto o una gita fuori porta con i
miei amici, e ogni primo maggio comandato dal Signore, io sono una lavoratrice
che NON PUO’ festeggiare la festa del lavoratori (come se noi turnisti non
avessimo diritti come tutti gli altri).
Questa
mancanza di normalità nella mia vita, ha inevitabilmente avuto un effetto
negativo su quasi tutte le mie relazioni sentimentali, e a maggior ragione, gli
esiti negativi si verificavano con tutti gli uomini che conducevano una vita
ordinaria. Provate a spiegare ad un uomo che lavora dal lunedì al venerdì, e
vuole pranzare con voi di domenica o andare al cinema di sabato sera, che la
prossima data utile per farlo, sarà di lì a un mese. Oppure provate a dirgli
che la sera dovete andare a dormire al massimo alle ventuno e trenta, perché il
giorno dopo la vostra sveglia suona alle quattro. O ancora, provate a
spiegargli che il vostro turno finisce a mezzanotte, e quando tornerete a casa
sarà circa l’una e quindici del mattino, e quindi probabilmente lo troverete
che dorme già da un paio d’ore (perché lui fa una vita normale e quindi tutte
le mattine si sveglia alle sette, come appunto fanno le persone normali).
Era
inevitabile che io restassi single per tanto tempo, così come era inevitabile
che io avessi storie con vari colleghi che conducendo la mia stessa vita,
possono comprendermi un po’ di più.
Giorni
fa ero sulla navetta aziendale che porta tutti noi colleghi sul nostro posto di
lavoro e chiacchieravo con uno di loro sposato con un’altra collega da circa
dieci anni. Hanno due figli, una casa in città, dei parenti che non vedono mai,
degli amici che hanno scritto a “chi l’ha visto” per sapere se stavano tutti
bene.
“Ci
sono settimane in cui non ci incontriamo in casa per quattro o cinque giorni, e
quelle poche ore in cui riusciamo ad incrociarci, o io sono libero e lei invece
deve scappare a lavoro, oppure uno di noi due giace addormentato a letto. Ci
sono giorni in cui la sveglia di lei suona alle 3,50 del mattino, la mia alle
6.30. Io preparo i bambini, li porto a scuola, torno a casa, cerco di dare una
sistemata, li vado a prendere a scuola, preparo il pranzo mentre lei torna, e
li lascio tutti insieme seduti a tavola mentre io prendo le mie cose e vado a
lavorare fino alle undici di sera. Quando torno da lavoro, lei dorme già da
almeno tre ore, e non ho il cuore di svegliarla nemmeno per tenerla un po’
abbracciata, se penso che il giorno dopo ricominceremo entrambi con lo stesso
ritmo di vita…”
Di
fronte a queste parole mi sono stupita, ma nemmeno più di tanto, ricordandomi
del tipo di vita che faccio, e della fatica che ho impiegato a far comprendere
ai miei vari uomini “normalisti”, che stare insieme a me significava programmare
le nostre vite in base ai miei turni, con un’agenda alla mano. Niente di più
fastidioso, credetemi: se oggi è lunedì, bisogna che programmo già il film che
guarderò al cinema tra due settimane. Se oggi è venerdì, dando una rapida
occhiata alla mia agenda dei turni, so già che il prossimo giovedì non potrò
essere presente ad una cena che il mio uomo ha organizzato con un gruppo di
amici. E’ una delle cose più frustranti di questo mondo: nella vita si dovrebbe
avere la libertà di scegliere quando e come amministrare e gestire il proprio
tempo libero in coppia, e invece noi turnisti siamo costretti a programmare
persino le serate in cui faremo l’amore.
Non ci
credete? Eppure è così: tra due turnisti le possibilità di incontrarsi sono
talmente remote e difficili, che persino gli incontri sessuali diventano parte
integrante del planning dell’agenda.
Giorni
fa, riflettendo sulla mia attuale storia con un turnista (che a questo punto
non so come andrà a finire, ho composto una specie di poemetto ironico in versi,
che ho pubblicato anche sul mio profilo Fb. Il titolo è “l’amore ai tempi dei
turnisti” e ha raccolto diversi “like”. Per questo motivo lo ripropongo sul mio
post del lunedì.
"non vedersi per
giorni, incontrarsi per 24 ore (o anche per 10 minuti); svegliarsi ad orari
improbabili e diversi, andare a dormire tale e quale. Parlarsi attraverso Skype
e leggere i turni da whatsapp, confrontandoli con la propria agenda, mentre gli
amici, la famiglia, la casa, le lavatrici da fare, ti reclamano. E poi il sesso
programmato, le cene programmate venti giorni prima (alle quali non puoi
mancare, seno' poi ti dicono che sei stronzo/a).
E io vengo a casa tua, e tu vieni a casa mia, eh si, pero' andiamo con
una macchina sola che e' piu' comodo. Eh no amo'! Annamo co' du' macchine che
dopo se una se rompe, armeno nun rimanemo bloccati, e allora si, famo cosi',
anzi no guarda, famo cosa'.
Si pero'...
Ma...
Sicuro che...
Sicuro che...
Ma se poi...
L'amore ai tempi dei turnisti: roba per pochissimi, solo veri stomaci di ferro, dotati di elasticita' e ubiquita'. Quelli che hanno i minuti illimitati su Vodafone e il caricabatteria sempre in borsa. Se riuscite a far funzionare il vostro rapporto, siete collaudati per sempre, potete fare qualsiasi cosa.
Forse un giorno vi proporanno una vita normale, ma voi, professionisti
del masochismo sentimentale, direte no.
Perche' a voi, ve piace l'avventura. A voi, ve piace cosi'!
In bocca al lupo turnisti innamorati!!!"
Ci
leggiamo lunedì prossimo!
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