lunedì 23 dicembre 2013

POST DI FINE ANNO.

Stavo pensando ad un post per concludere degnamente questo 2013, che per alcuni di noi (sentimentalmente) non è stato proprio un anno felice. Ho davanti questo foglio word bianco, che vorrei riempire di parole di speranza, come sempre si fa quando si parla di inizio di un nuovo anno. In realtà, mi rendo conto che la disillusione attanaglia un po’ tutti. Conosco bene le storie dei miei lettori: alcuni hanno conosciuto un amore che li ha abbandonati, e vivono nella convinzione che non ne troveranno un altro capace di regalargli le stesse emozioni.
Altri si sono lasciati scappare un amore, perché incapaci – al momento opportuno – di comprendere quello che stavano perdendo. Qualcuno riflette se tornare sui propri passi, o andar via dall’attuale situazione amorosa. Altri ancora invece vivranno un Natale sereno, e un inizio d’anno ancora più scoppiettante, perché avranno accanto la persona giusta. 
In base a tutte queste diverse situazioni, questo Natale ho riflettuto parecchio sul concetto di tempo applicato all’amore. Magari mi sbaglierò, ma io credo che l’amore non abbia bisogno di tempo.
Quanto tempo avete perso a riflettere sul fatto di  continuare o concludere la vostra storia d’amore?
Quanto tempo avete perso a capire se avete davvero voglia di condividere con la persona che vi ama e farebbe qualsiasi cosa per voi?
Quanto tempo avete perso a trovare un ruolo, una collocazione nella vostra vita, un’identità, alla persona con la quale magari per mesi avete fatto solo sesso, raccontando a voi stessi (e a quella persona) che l’intimità tra di voi non ha aumentato la vostra empatia e la vostra voglia di stare insieme?
Quanto tempo avete perso a riflettere sulla decisione di andare a vivere con colui/colei col quale state da molto tempo?
Quanto tempo avete perso a riflettere sul coraggio di esporvi con la persona che vi piace da morire, restando sempre fermi al punto di non dirle niente, e soffrire in silenzio tutte le volte che vi passa davanti?
Quanto tempo avete perso a non dire ai vostri compagni che desiderate un figlio da loro?
Quanto tempo avete perso a correre dietro a coloro i quali non vi corrispondono, soffrendo amaramente?
Questo post di Natale e di inizio anno non è rivolto a chi è felice e ha percorso tante tappe dal punto di vista sentimentale, no! Le mie parole questo Natale sono rivolte a coloro che sono rimasti in situazioni di stasi, che non gli hanno consentito di avanzare, fissare le basi, crescere, oppure semplicemente smettere di raccontarsi delle favole e orientarsi verso relazioni più concrete.
Se leggendomi vi siete riconosciuti in tutte le esperienze che ho appena elencato, il mio augurio di Natale e per il nuovo anno, è uno solo: che ognuno di voi possa trovare dentro di sé la dolcezza e il coraggio di sentirsi amato e di riuscire a riamare. Affinchè tutti sviluppino il coraggio di smettere di dipendere da un amore che sta troppo stretto, oppure al contrario, riescano a scambiare vicendevolmente una qualsiasi forma d’affetto con l’altro, e non solo perché è Natale, ma perché dal tempo e da come lo impieghiamo (o sprechiamo) dipende la nostra felicità.
Uscite per le strade, camminate nelle piazze, respirate a pieni polmoni ciò di cui avete bisogno, che sia amore, o che sia anche fine di un amore e coraggio di accettarlo. Ad ognuno il suo.
Cercate, nel nuovo anno, di non dover dire a voi stessi “è troppo tardi”.
Buone feste. Ci leggiamo a gennaio.

giovedì 19 dicembre 2013

Domani sera sarò presente al circolo Arcobaleno, artekreativa, via Pullino 1 a Roma, per una serata denominata AAA, AUTORI E ATTORI CERCASI.
Il mio amico (e attore) Mario Moretti, interpreterà un breve monologo scritto da me, e ci saranno altri autori che leggeranno e interpreteranno i loro scritti.

Sarà una serata divertente e diversa per tutti coloro che amano la letteratura e la scrittura. Vi aspetto numerosi!

lunedì 16 dicembre 2013

SENTIMENTI E GENERAZIONI.

E’ quasi Natale e ho fatto un paio di riflessioni importanti. Nessuna novità: mi sono concentrata come sempre - e prima di tutto - sulle relazioni, cercando di capire perché in linea di massima, facciamo fatica ultimamente a viverne di sane. Capitemi, non è una macro-situazione: è più un fatto applicabile solo ad alcuni di noi. In queste pagine non pretendo MAI di generalizzare. Non sono tanto presuntuosa, che ci crediate o no.
Se non avete mai letto Freud, oppure se ancora non lo sapevate, le nostre relazioni sentimentali (soprattutto per noi donne) sono lo specchio di quello che abbiamo vissuto nei primi anni d’infanzia. In verità, TUTTA LA NOSTRA VITA è lo specchio di quello che abbiamo vissuto in infanzia.
Se avete più o meno trent’anni, siete figli della generazione degli anni ’60. Siamo negli anni delle lotte, delle contestazioni, delle sfilate in piazza per ottenere dei diritti che oggi sembrano vacillare. Diamo un’occhiata alle donne: alcune di loro erano riuscite ad uscire di casa, ad emanciparsi indossando la mini gonna o bruciando i reggiseni in piazza. Altre invece erano ancora vittime di una mentalità che le voleva relegate in casa, a servire i propri uomini, e a desiderare di fuggire dai propri genitori per concretizzare il diritto alla libertà. Gli uomini facevano altro: lottavano, sfilavano per le strade, e ottenevano diritti di cui noi “giovani” godiamo ancora. Era una generazione figlia dell’ignoranza genuina dei campi, e dei lavori manuali che oggi non si sanno fare più, e abbracciava l’indipendenza godendo gli anni del boom economico. Tutto il contrario di quello che viviamo noi oggi. Noi siamo DI GIA’ indipendenti, perennemente “connessi”, abbastanza insoddisfatti di tutto ciò che abbiamo (e non perché lo abbiamo ottenuto noi, ma perché ce lo siamo trovato pronto), e in più, viviamo gli effetti della recessione sulla nostra pelle.
I nostri genitori sono scappati di casa per urlare un diritto alla libertà che li portava a stabilire delle relazioni amorose solo per la voglia di fuggire ed emanciparsi. Le donne in particolare fuggivano dai padri-padroni, e credevano che sposandosi e mettendo al mondo dei figli, avrebbero conquistato la tanto agognata indipendenza.
Quei figli siamo noi.
Cosa ci è rimasto? Niente. Il nulla assoluto. Non abbiamo bisogno di scappare da niente e nessuno, perché per noi la libertà è diventata il simbolo delle nostre esistenze. All’inizio di una relazione non dobbiamo dire che vogliamo essere liberi. Noi SIAMO liberi (salvo concederci notti di sesso folle, dopo le quali ognuno se ne va a casa propria). Noi non abbiamo bisogno dell’emancipazione: la nostra generazione E’ GIA’ emancipata sentimentalmente.
Non facciamo promesse, non giuriamo su ciò che abbiamo di più caro. Viviamo alla giornata e già ci sembra abbastanza sufficiente…
Siamo i figli di una generazione che ha scelto l’amore come forma di evasione, per scappare via da quattro mura troppo strette, o da genitori che erano abituati a dare ordini senza rispettare le scelte dei propri figli. Come possiamo pensare di riuscire a comprendere la vera essenza dell’amore, se tutto ciò che sappiamo dell’amore è che non esiste nemmeno?

Buona settimana.

lunedì 9 dicembre 2013

DONNE 30ENNI CHE HANNO GETTATO LA SPUGNA.

Quelle di noi che “non ce l’hanno fatta” giacciono tra le file delle derelitte, delle bistrattate, delle mal viste, di quelle che potevano ma non hanno voluto, di quelle che non volevano ma non hanno potuto.
La parola “zitella” ci piace poco. Sembra desueta, eppure se si fa una ricerca su internet, si scopre che esiste ancora: se la cercate su Wikipedia, troverete una definizione brevissima: donna non sposata. Breve, conciso, ma del tutto esplicativo.
Eccoci, ci vedete camminare ogni giorno in questa città in cerca di un’identità che ci porti ad essere riconosciute come “persone normali”. Si, perché abbiamo 30 anni, e se siamo sole, qualcosa è andato storto. Siamo affette da una malattia incurabile? Per il resto della popolazione che la fa facile, si. Secondo noi, siamo semplicemente delle incomprese.
In alcuni casi bellissime, in altri, meno, ma comunque ugualmente affascinanti. Dotate sicuramente di una marcia in più rispetto a chi “in coppia” ci sta già. Precarie o affermate nel mondo del lavoro, sportive, truccate, vestite sempre in tiro, in cerca di quell’accessorio che non è per forza vintage, ma ci DISTINGUE.
DISTINZIONE è la parola giusta per noi. Noi single non nasciamo MAI omologate. Siamo troppo dirette, troppo sincere, troppo concentrate a ricercare la perfezione in questi uomini italiani che ormai sono da buttare via. Se camminate per strada ci distinguete al volo: sul marciapiede laggiù ci sono tutte le “accoppiate”. Dall’altra parte poi ci siamo noi: DIVERSE. FORSE UNICHE.
Noi non ci accontentiamo, non amiamo portare le corna e fare finta di niente, non abbiamo paura di restare sole (e se ce l’abbiamo, è meglio non farlo sapere a nessuno). Non vogliamo “dipendere da qualcun altro” (ma quanto ci costa tirarci su da sole). Viviamo di appuntamenti mancati e di appuntamenti a cui speriamo di non mancare. Quando ci invitano ai matrimoni, sanno già che ci stanno chiedendo la luna: non amiamo presenziare a questi appuntamenti, e nella maggior parte dei casi, al momento del lancio del bouquet, non ci azzuffiamo per acchiapparlo, ma siamo già a casa nostra, a chiacchierare al telefono con la nostra amica, a leggere il libro del nostro autore preferito, a stirarci la camicia che indosseremo domani in ufficio. A noi, quando ci invitano ad un matrimonio, è tutta una difficoltà: non sanno manco a quale tavolo farci accomodare, perché un tavolo per i singles è quasi prevalentemente formato solo da altre donne come noi, e allora, le possibilità di conoscerne uno giusto, si riducono ancora di più.
Conosciamo bene tutta la serie di “sex & the city” - perché francamente nessun telefilm ci potrebbe rappresentare di più - ma noi al massimo possiamo arrivare all’ultima puntata , quella in cui Mister Big va a riprendersi Carrie a Parigi. Da intendersi, i nostri uomini non sono mai venuti a prenderci manco sotto casa, perché NOI, nell’immaginario collettivo, non siamo quelle da sposare e da amare romanticamente, no! Noi siamo le amanti, o comunque quelle che gli uomini considerano così emancipate da farle guidare da sole di notte per raggiungerli ovunque.
Viviamo di appuntamenti mancati e di appuntamenti a cui speriamo di non mancare. Abbiamo avuto qualche GROSSO appuntamento mancato, e cioè quello con l’uomo che ci ha rubato il cuore per sempre. Per lui, forse avremmo rivisto persino le nostre idee sulla famiglia, e magari avremmo pure fatto il grande passo. Peccato non sia andata.
Non chiedetemi perché non è andata. Molte di noi ci vanno in analisi per capirlo. Altre, semplicemente lo accettano e basta. Soffrono, ma lo accettano e si abituano a presentarsi da sole alle feste di Natale in famiglia, ai capodanno con gli amici, alle gite fuori porta di Pasqua e Pasquetta. Da sole, perché così hanno imparato a camminare. E a volte ci piangono un po’, altre si guardano intorno e dicono “meno male che non ho fatto la stessa fine di quella o quell’altra”.
Ci sono 30enni singles che ce la fanno. Io ho una mia teoria: se hai superato i 35 e sei ancora sola, allora niente ti potrà strappare alla dolce-amara singletudine. A 35 sei una donna fatta: conosci bene te stessa e sai di che pasta sei fatta. Sai con quanti uomini diversi ti va di dormire in un anno, e nel tuo letto non c’è più posto per il principe azzurro. Disillusione, stanchezza, paura, sapersi bastare, chiamatelo come vi pare.
Qualcuna di noi 30enni single, a volte ha un cruccio, rappresentato non tanto dalla paura di non riuscire a trovare l’uomo perfetto, quanto da quella di non riuscire mai ad avere un figlio, che è un fatto per cui l’intera società attuale, ancora ci condanna: se sei donna e non hai un figlio, non puoi propriamente dire di esserlo al 100%.
Giorni fa ero a lavoro e stavo facendo il turno con una collega che ha tre figli. Mentre parlava ininterrottamente di loro, e della sua vita dedicata totalmente e interamente a loro, le si è spezzata un’unghia, e naturalmente non aveva con sé una limetta per riparare al danno. Ebbene, noi 30enni singles non abbiamo figli, ma nella maggior parte dei casi, riusciamo ugualmente a sentirci donne, perché quando ci si spezza un’unghia, abbiamo quasi sempre una limetta nella nostra borsetta. Mentre cercava di riparare alla rottura dell’unghia, la collega con tre figli mi ha detto una frase che un po’ mi ha tirato su il morale:
“In fin dei conti, al giorno d’oggi puoi fare un figlio anche fino a 42 anni”.

Ho tirato un sospiro di sollievo pensando che IO ho davanti a me ancora ben otto anni. Eppure, riguardo all’amore vero, la mia spugna l’ho gettata già da tempo…

lunedì 2 dicembre 2013

IL DIRITTO DI ESSERE SINGLES.

Mi sono stancata! Noi singles non godiamo di alcun privilegio in questa società! Veniamo continuamente bistrattati perché normalmente si è abituati a “pensare in due”. Non veniamo considerati come entità a sé stanti tutte le volte che giriamo per la città, guidiamo, andiamo a fare la spesa, respiriamo.
Non bastava lo scotto di pagarsi l’affitto da soli (più alto per i monolocali), o il mutuo tutto sulle nostre spalle, no! Non bastavano le offerte nei supermercati di cui non possiamo usufruire perché sono concepite solo come “pacchi famiglia” - e con la vita “libera e sregolata” che facciamo, se ne compriamo uno e lo apriamo per cucinare una sera, poi marcisce nel frigorifero per il resto dei giorni -.  Non bastavano i crucci dei nostri familiari a Natale, perché “noi siamo quelli che non si sono ancora sistemati e non hanno ancora messo la testa a posto”. Non bastavano le lenzuola fredde in pieno inverno quando ci infiliamo a letto soli, e i prezzi dei soggiorni negli hotel, dove una singola costa molto più di una doppia…
…Da anni siamo tartassati anche sul posto di lavoro. Non sto parlando di mobbing o di stalking da parte dei nostri capi, bensì del fatto che siamo considerati persone le cui vite valgono meno  rispetto a quelle degli accoppiati, degli sposati, o di quelli che hanno un figlio. Ne volete una prova? Ve la fornisco subito: coloro che hanno dei figli, usufruiscono della malattia per i figli, ma anche di periodi “off” denominati “congedi parentali”. Di fronte ad ognuno di questi due privilegi, le aziende non possono dire no. Parliamoci chiaro: ovviamente non ho alcun dubbio riguardo alla correttezza di una legge che consente di passare più tempo con i propri figli, MA HO MOLTO DA RIDIRE INVECE, SULLA MANIERA DI USUFRUIRNE CHE I GENITORI POSSIEDONO.
In Italia si sa, la legge viene sempre travisata o utilizzata per scopi poco giusti: la maggior parte dei genitori che usufruisce dei congedi parentali, ha la premura di farli cadere SEMPRE in periodi strategici. I turnisti lavorano di domenica, a Natale, a Santo Stefano, a Pasqua, a Ferragosto, di notte, di giorno e di pomeriggio. I GENITORI TURNISTI INVECE, USUFRUISCONO DEI CONGEDI PARENTALI FACENDOLI CADERE QUASI SEMPRE NEL PERIODO DELLE FESTIVITA’, OPPURE DI DOMENICA. Non si curano minimamente né delle necessità delle aziende per le quali lavorano, e ancor meno di quelle dei colleghi ai quali non vengono riservati gli stessi privilegi.
Quale privilegio possiedono nei posti di lavoro, le coppie senza figli, e soprattutto i singles? Certo, possono usufruire di periodi “off” se i loro parenti hanno bisogno di essere accuditi (legge 104). Hanno le ferie programmate e quelle non programmate. Hanno le malattie se sono loro a stare poco bene. MA DOVE SONO I PERIODI “OFF” CHE LI EQUIPARANO AI GENITORI? VE LO DICO IO: NON CI SONO, E SAPETE PERCHE’? PERCHE’ LA VITA DI UN SINGLE SENZA FIGLI, NON E’ CONSIDERATA IMPORTANTE COME QUELLA DI UN GENITORE.
Voi pensate che io scherzi oggi mentre scrivo questo post? Niente affatto, sono serissima. Dove è scritto che le persone che decidono di non mettere al mondo dei figli, abbiano una vita meno importante, di chi decide di farne? Certo, E’ OVVIO E SACROSANTO CHE LA VITA DI UN GENITORE SIA PIU’ INCASINATA RISPETTO A QUELLA DI UN SINGLE! Deve essere difficilissimo lavorare, mandare avanti una casa, portare i figli a scuola e andare a riprenderli, portarli a nuoto o a tennis, passare del tempo con loro, fare la spesa, pagare le bollette, lavare, cucinare, stirare, ecc ecc. Nessuno afferma il contrario. Ma allo stesso modo, chi può stabilire che la vita di un single non sia altrettanto semplice?
I singles hanno una casa anche loro, e anche loro devono mandarla avanti (non necessariamente perché ci vivono con altre persone, ma soprattutto perché ci vivono loro!). i singles lavorano, fanno la spesa, cucinano, lavano, stirano, fanno sport, vedono gli amici, E SE SONO FORTUNATI COME ME, OGNI TANTO HANNO STORIE SENTIMENTALI CON ALTRI SINGLES. Ecco qua dunque: la loro vita è uguale a quella di un genitore, con un’unica differenza: I SINGLES NON HANNO DECISO DI METTERE AL MONDO DEI FIGLI.
E CON CIO’? DEVONO ESSERE BISTRATTATI, O COSTRETTI A LAVORARE COME TAPPABUCHI NEI PERIODI DI FESTA PERCHE’ IN ITALIA ESISTE UNA LEGGE CHE CONSENTE AI GENITORI DI USUFRUIRE DI PERMESSI SPECIALI PER STARE CON LA LORO FAMIGLIA?!
Anch’io ho una famiglia: mia madre e mio padre, con i quali mi piacerebbe passare del tempo extra che forse potrebbe essermi concesso durante una pausa lavorativa.
Anch’io ho degli amici, che forse non saranno importanti quanto dei figli, ma chi può dirlo con certezza? CERCATE DI COMPRENDERMI E DI ANDARE OLTRE UNO SFOGO CHE PUO’ SUONARE SOLO COME UN MIO CAPRICCIO: CHI E’ CHE HA DECISO CHE AVERE UN FIGLIO SIA IMPORTANTE QUANTO AVERE UNA VITA PRIVATA? CHI E’? MA SOPRATTUTTO, DOVE E’ SCRITTO CHE IL TEMPO LIBERO DI UN SINGLE, DEBBA ESSERE CONSIDERATO MENO IMPORTANTE DI QUELLO DI CHI DECIDE DI AVERE UNA FAMIGLIA?
PORTATEMI UN DOCUMENTO DOVE C’E’ SCRITTO CHE PER ESSERE VERAMENTE DELLE “PERSONE COMPLETE”, SI DEBBA ESSERE PER FORZA PRIMA GENITORI, AVANTI!
Lo so che la mia polemica rimarrà sterile e inascoltata come sterili e inascoltate rimangono molte polemiche nel nostro paese, però attraverso queste pagine ci tenevo a dire la mia, ribadendo che non ho nulla contro chi decide di mettere al mondo un figlio. Però ad esempio ho molto da dire riguardo al fatto che chi decide di mettere al mondo un figlio, e non sigla la propria scelta con un accordo che si chiama matrimonio, rischia di incorrere in pericoli burocratici che non sono da sottovalutare.
Cercate di leggere tra le righe di questo mio libero sfogo: non sto davvero chiedendo una legge che tuteli il tempo libero di noi singles sui posti di lavoro, è ovvio. Non sto chiedendo più ferie e più periodi “off” in un momento storico in cui il lavoro nel nostro paese è un’utopia.
Sto solo chiedendo di aprire la mente e cercare di comprendere che i singles, così come le coppie di fatto, gli omosessuali e le lesbiche, RAPPRESENTANO UNA LARGA MAGGIORANZA BISTRATTATA IN QUESTO PAESE DALLE VISIONI ULTRA-CATTOLICHE, IN CUI NON SEI CONSIDERATA DONNA O PERSONA, SE DECIDI DI NON METTERE AL MONDO UNA VITA.