lunedì 19 maggio 2014

DONNE E SINGLETUDINE.

Per noi donne la solitudine è la peggiore nemica che possiamo trovare sulla nostra strada (dopo la cellulite, naturalmente!).
Per la prima volta dopo qualche mese, questo week end sono di nuovo “sola”. Non intendo dire che non ho più amici, né famiglia, né altro… intendo dire che non ho ancora capito se con lui sono in definitiva rottura, oppure se dopo il week end avremo il coraggio di sotterrare la nostra ascia di guerra, e tornare a telefonarci, scriverci e frequentarci. Così, questa settimana ho deciso di scrivere un paio di cose sulla solitudine vista dalle donne, complice anche la recente chiacchierata appena fatta con la mia amica nella cucina di casa nostra mentre mangiavo uno yogurt Muller.

Pensavamo noi donne, che non esistesse nemica peggiore nelle nostre vite, della cellulite. Invece ci siamo dovute ricredere: oltre alla cellulite, alla ricrescita sui capelli, ai capelli bianchi, ai peli superflui che dobbiamo stare attente a rimuovere da ogni parte del nostro corpo, alle ex, e all’orologio biologico, sicuramente sul podio delle nemiche più temute, ci mettiamo anche la solitudine.

Mi sono interrogata sui motivi chi ci portano a non stare tanto in pace con noi stesse, se specchiandoci, l’unica figura che vediamo riflessa è la nostra, e ho capito che i motivi sono molteplici, ed alcuni, sono anche nascosti e reconditi.
Prima di tutto, nell’immaginario collettivo, una donna per definizione NON DEVE essere sola. Il detto reciterebbe “meglio soli che mal accompagnati”. Ecco! Questa regola vale solo per gli uomini. La nostra cultura ci impone (ancora oggi, nel 2014) di metterci accanto qualcuno che non valga davvero la pena, rispetto al non avere nessuno. Ancora nel 2014 siamo viste come “streghe” se ci rechiamo agli eventi da sole, se facciamo la spesa da sole, se ripariamo i tubi del lavandino da sole… se tentiamo di provare piacere DA SOLE. Demonizzate, bistrattate, costrette a sentirci appellare ancora con una parola che non è mai in disuso: zitelle. Oppure prede di qualsivoglia dubbio riguardo alle nostre preferenze sessuali. “Magari è sola perché è lesbica e non vuole dichiararsi…”. Sbagliato! Vi informo che le lesbiche hanno una vita sentimentale molto più equilibrata di quella che abbiamo noi tutti etero messi insieme.

La questione delle apparenze da salvare la fa da padrona: meglio trovarsi qualcuno, farsi sposare, se possibile mettere anche al mondo dei figli (altrimenti la situazione può solo peggiorare), che decidere di restare sole perché non ci si vuole accontentare. E poi parliamoci chiaro: anche noi stesse, questa questione di arrivare a casa la sera e non trovare nessuno, del metterci a letto e non avere nessuno accanto, come la prendiamo?
Ho passato nella mia vita dei lunghissimi periodi di singletudine, e nonostante le primissime fasi di sofferenza, col tempo ho finito per abituarmici, fino a quando sono arrivata al punto di non poter più sopportare di avere accanto qualcuno che volesse restare a dormire, che organizzasse il mio tempo libero e i miei week end, che mi telefonasse più volte al giorno, che amasse parlare al plurale e sostituire la parola “NOI” a “IO”. Ero diventata ME, SOLO ME, NIENTE ALTRO CHE ME. Io mi sveglio al mattino e decido per la mia vita senza tenere conto dell’altro, io mangio quando voglio, esco quando voglio, tengo in frigo ciò che voglio, mi organizzo come mi pare.

STAVO BENE, mi credete? Anzi, non solo: sentivo quasi il timore di tornare a dover rendere conto a qualcun altro della mia vita. Rifuggivo il pensiero, scappavo dalla possibilità di approfondire una conoscenza, non rispondevo alle chiamate insistenti di qualche uomo, non accettavo altri inviti a meno che non mi venissero presentati degli argomenti molto convincenti. IO ERO IO, AVEVO RAGGIUNTO IL MIO EQUILIBRIO E L’AVEVO FATTO FATICANDO, PASSANDO PER MOLTE SOFFERENZE, DALLE QUALI USCIVO OGNI VOLTA CON LE OSSA ROTTE. OGNI VOLTA ERO UN PO’ PIU’ DEBOLE E MI TOCCAVA RITROVARE QUELLA FORZA E QUELL’EQUILIBRIO CHE POI SONO I FATTORI FONDAMENTALI PER TENERCI IN PIEDI IN QUESTE MISERE VITE.

Eppure ogni giorno che passava, maturavo la consapevolezza che quella condizione di singletudine non fosse regolare, che non fossimo stati messi a questo mondo, per essere concepiti come entità separate, che come ogni donna, possiedo un orologio biologico, e non ho tanto tempo a disposizione, se per caso decidessi (un giorno) di sentirmi “completa”. Ci sguazzavo bene in quella solitudine, mi ci ero abituata, non conoscevo più le forme d’affetto nella loro essenza. Ero diventata persino brava a rimettere sul pianerottolo gli uomini che decidevo di frequentare.
Non concluderò questo post con una “soluzione”. Non mi riterrò detentrice di una verità che è pur sempre molto personale, e che quindi non posso pensare di applicare a molte altre donne. Eppure posso dire che il mio rapporto con la solitudine, nel tempo è fortemente cambiato: non la guardo più da lontano e non la evito più come la peste come fanno molte altre donne. Godo dei miei spazi, scrivo, lavoro, penso al mio fisico e al mio corpo, esco, conosco persone nuove, osservo, studio i comportamenti, e sempre più mi discosto da un prototipo di uomo che non vorrei mai accanto: l’egoista, il presuntuoso, l’egocentrico, l’insensibile, l’iroso, l’aggressivo, il poco incline al sorriso. E più vado avanti ad elencare questi aggettivi, più mi rendo conto che IN VERITA’ IO NON HO PAURA VERAMENTE DELLA SOLITUDINE… PERO’ HO UNA PAURA FOTTUTA DI TENERMI ACCANTO UN UOMO COME QUELLO DEGLI AGGETTIVI DI CUI SOPRA.

E quindi mentre vi scrivo è sabato, e devo dire che oggi, il mio cammino per fare pace con la solitudine, sta prendendo una piega molto migliore di ieri. Ieri ero ancora spaesata, confusa, avevo ancora qualche lacrima in tasca che non era stata compresa. Oggi ho già più chiaro chi sono, mi sono già rimessa nei binari di una vita che appartiene solo a me e di cui sono gelosa.

Mi sono svegliata in questa casa che amo, all’ora in cui volevo svegliarmi io. Il sole è entrato dalla tapparella, e nonostante non avessi voglia di fare nulla, in realtà avevo un elenco di cose lasciate indietro che ho ripreso in mano con molta disinvoltura. La cosa meravigliosa di questa casa, è che niente è mai perduto, che non esistono Maomette che vanno alle montagne - laddove le montagne decidessero mai di andare per i cazzi loro - che i peli superflui ce li siamo già tolti (non si sa mai), e che in forno c'è una buona parmigiana.
Una volta avevamo anche il vino buono - perché il vino buono sta nelle botti piccole - ma da qualche tempo abbiamo deciso di restare sobrie... giusto per non dimenticare mai chi siamo e da dove veniamo. Stasera – che è sabato – andremo per altri lidi. Raminghe, ma mai disperate.

Seguite l’esempio, donne single! Buona settimana a tutte voi! 

lunedì 12 maggio 2014

UN SANO CONCETTO DI FEMMINISMO: NOI NON SIAMO COME VOI.

Questo week end ho parlato amabilmente di "femminismo". Non di quel femminismo odioso, pseudo-lesbico, che vuole a tutti i costi imporre la parità dei diritti attraverso l'arroganza e la prepotenza, bensì di quella voglia di affermazione che parte dal concetto di rispetto delle donne come entità che "ESISTONO".

Perché noi donne siamo diverse dagli uomini, eppure nella nostra diversità, abbiamo continuamente voglia di dire "guarda che su questo pianeta insieme a te ci sono pure io: non ci sono solo le tue preferenze, le tue necessità, i tuoi amici, la tua vita, il tuo lavoro, i tuoi problemi. CI SONO PURE IO. E se tu decidi di prendermi, bisogna che allora tu ti prenda tutto il pacchetto, non solo le cose che ti piacciono di me.

Negli anni precedenti alla “presa di coscienza femminile”, l’interazione tra uomini e donne era pressochè inesistente. Le donne non parlavano perché semplicemente non avevano voce in capitolo. Non dovevano ESISTERE; dovevano ESSERE. Essere un pezzo di carne, un’entità che si muoveva per le case senza libertà, un oggetto messo lì e chiamato a bacchetta tutte le volte che ci si voleva sentire rassicurati.
Lasciate perdere quello che viviamo adesso, nei nostri anni. Ora come ora gli equilibri si sono completamente capovolti. Eppure non sto parlando nemmeno di questo. Sto parlando della maniera poco intelligente in cui una rivoluzione assolutamente necessaria, sia diventata la rovina di molte di noi. Come hanno potuto pensare, certe donne negli anni ’70, che gli uomini e loro potessero essere uguali? Come possiamo noi pensare di essere capaci a fare l’amore con un uomo in maniera continuativa e abituale, senza cedere mai al sentimento? LA RISPOSTA E’ CHE NON POSSIAMO, ed è stata proprio la convinzione di essere in grado di farlo, a portarci completamente fuori strada, ad incappare in quelle sofferenze in cui molte di noi finiscono di continuo.

La nostra colpa non è tanto quella di idealizzare e sognare il nostro rapporto con gli uomini, bensì di idealizzare noi stesse, combattendo ogni giorno una battaglia estenuante per gridare al mondo intero cosa siamo e come siamo.
VOLETE SAPERE DAVVERO COME SIETE MIE CARE DONNE? EBBENE, VOI NON SIETE COME LORO. O meglio, tradite come loro, amate come loro e smettete di amare come loro… eppure voi non siete loro.

Eppure NOI non siamo VOI.

Perché NOI, quando ci prendiamo VOI, ci prendiamo il totale, e amiamo voi quando siete speciali, ma pure quando siete gli uomini più odiosi del mondo, che se fossimo state madri vostre, vi avremmo preso a calci nel sedere dalla mattina alla sera.

Mi piacciono quelle donne che fanno molte cose da sole e molte cose col loro uomo, non perché è stata imposta, ma perché a loro piace farla. Mi piacciono quelle donne che non si impongono, ma discutono, parlano, elaborano, cercano di capire fino a che punto un compromesso funziona ai fini della riuscita di una relazione, e fino a che punto invece, tutti i loro sforzi risultino vani.
Mi piacciono le donne che mollano la presa e capiscono quando è il momento di andarsene e di ammettere a loro stesse che amavano in maniera diversa, più completa. Amavano come ama una donna, cioè con il continuo bisogno di rassicurazioni e conferme.


NOI SIAMO FORTUNATAMENTE DIVERSE. E' QUESTA DIVERSITA' CHE FONDENDOSI CON L'ALTRA, DEVE PERCORRERE UNA STRADA INSIEME.

 

INSIEME. PUNTO".

lunedì 5 maggio 2014

GLI OPPOSTI SI RESPINGONO?

Da qualche settimana, una delle mie migliori amiche esce con un tipo che non ha nulla in comune con lei. La ascolto parlare di lui mentre siamo in metropolitana verso Cinecittà ed ha quasi le lacrime agli occhi:
“Hai presente la perfezione? Ecco! Lui è il tipo perfetto: dolce, sensibile, attento a me  e alle mie esigenze, premuroso... per non parlare di come siamo ben assortiti a letto...”
“Beh, dov’è il problema?” rispondo io.
“Il problema è che lui ci vede già proiettati in un futuro ipotetico, ed io invece no, perchè quando parlo con lui, mi rendo conto che non abbiamo assolutamente nulla da dirci: non un punto in comune, non un argomento da affrontare, non una situazione simile da condividere... per questo motivo sono costretta a non “incasinarmi sentimentalmente” nei suoi confronti. Non voglio autoconvincermi del fatto che lui possa piacermi, solo perchè per ora facciamo del gran sesso. Di conseguenza, non voglio che lui sia così carino con me riservandomi mille attenzioni, perchè so che questo è esattamente il tipo di atteggiamento che mi farà “cadere...”

Ecco qui, ci risiamo, sono sempre più convinta che il mondo si stia completamente ribaltando: abbiamo uomini che diventano gentili e attenti subito dopo averci dato una “ripassatina” a letto, e non siamo contente. Poi dietro l’angolo incontriamo altri uomini che si dimenticano di noi un minuto dopo “l’incontro ravvicinato del terzo tipo”, e ci lamentiamo!

In realtà le cose non stanno proprio così: non ci dispiace essere coccolate subito dopo il sesso (anzi!). ciò che vogliamo evitare però, è la questione dell’affettività nei confronti di qualcuno riguardo al quale non siamo proprio pienamente convinte... e in questo, non c’è proprio niente di male. Esistono donne che detestano stare sole, e sono proprio loro che preferiscono autoconvincersi a tutti i costi che un uomo faccia al caso loro.

Piuttosto però, la riflessione che scaturisce, è quella sulla teoria degli opposti. Si è soliti dire – ma secondo me è più una maniera di giustificare – che gli opposti si attraggono. Può una affermazione di questo genere essere seriamente presa in considerazione, oppure davvero la utilizziamo come giustificazione quando vogliamo per forza trovare dei buoni spunti in una relazione?

Facciamo un esempio pratico: a me piace il mare, a lui la montagna. Quando lui vuole andare in montagna, io preferirei mille volte andare al mare. Vado in montagna con lui perchè sono consapevole del fatto che una relazione si basi sul rispetto dell’altro, e quindi, volendo rispettare le sue preferenze, faccio un sacrificio e vado in montagna. Certo, ci vado una volta l’anno, mi pesa (ma non più di tanto in fondo, se penso che comunque passerò del tempo con lui), eppure so che se vado in montagna per quell’unica volta l’anno, lui sarà felice, e amare qualcuno significa anche e soprattutto volere la sua felicità. Il punto miei cari, non è tanto se mi pesa o no andare in montagna. Il punto è, quanto sono disposta a sacrificarmi per la sua felicità?

Non abbiamo niente da dirci perchè le mie esperienze di vita sono diverse dalle sue. Possediamo degli hobby e spendiamo il nostro tempo libero in maniera del tutto diversa rispetto a lui. Abbiamo interessi non comuni e quindi argomenti che non possono sfociare in nessuna maniera in ambiti comuni. Quanto tempo possiamo durare? Per quanti giorni, mesi o anni, il sesso ci unirà fisicamente e mentalmente al punto da farci dimenticare le affinità che tengono in vita una relazione? Qualcuno di voi dirà “Almeno avete un punto in comune a vostro favore: il sesso. Pensate se non ci fosse nemmeno quello...”. Tutto vero, eppure sappiamo anche che dopo qualche tempo, “non di solo sesso vive una coppia felice”, e noi dovremmo pensare certamente alla nostra felicità momentanea, ma anche e soprattutto ad un concetto di felicità inteso come pluriennale, laddove nell’immaginario collettivo, non si dovrebbe mai smettere di pensare a come essere veramente felici.

E chi ha detto che la felicità deve durare in eterno, e soprattutto, dove è scritto che in amore si deve essere felici per sempre con una sola persona? E se invece smettessimo di concepire l’amore come un sentimento sul quale investire per un tempo indefinitamente lungo, e iniziassimo a pensare che la vita è composta di tanti momenti, ognuno dei quali diverso dall’altro, ognuno dei quali non può essere concepito come una linea retta che riserva solo momenti di gioia, ma anche – talvolta – sofferenza, dolore, senso del fallimento in seguito alla fine di una storia d’amore? Possiamo per un momento smettere di pensare che conoscere una nuova persona, e ammetterla nella nostra vita, nelle nostre pareti domestiche, tra i nostri amici, significhi per forza inquadrarla in un’ottica di futuro nel quale non è previsto un fallimento?

È ovvio che ognuno di noi dovrebbe puntare ad una felicità che duri il più possibile a lungo, ma senza per questo escludere dal proprio vissuto i dispiaceri, i fallimenti, e tutto ciò che, come si suol dire, fa parte della vita.

Invece io, scesa dalla metropolitana dopo la chiacchierata con la mia amica, e arrivata in quel di Cinecittà, ho pensato a cosa mi mancava quella sera, e a chi avrei davvero voluto accanto per addormentarmi serena, fermando quel tempo, quel momento, senza stare troppo a domandarmi se lui fosse l’uomo per me, se i nostri caratteri opposti ci avrebbero mai portati da qualche parte e se la nostra storia/frequentazione/relazione, sarebbe durata ancora a lungo, o magari ancora solo un’altra settimana.

La risposta è “NON LO SO”, ed è quello stesso “NON LO SO” che fino a qualche tempo fa ero abituata a pronunciare anch’io, mettendo in subbuglio il mondo intero riguardo ad una vita sentimentale che di fatto riguardava solo me stessa. Che cosa faremo domani? Dove andremo? Quanto durerà la nostra storia, tenuto conto del fatto che non abbiamo praticamente niente di niente in comune?

Ebbene, NON LO SO.