domenica 23 giugno 2013


DONNE CHE GUARDANO IL 730.

 

Non è cambiato niente: anni di lotte in piazza, reggiseni bruciati, invocazioni all’indipendenza, slogan che prescindevano dal credo politico, “colpi dialettici” sui quotidiani per autoaffermarci, e nonostante tutto, questa città brulica ancora di donne il cui unico scopo nella vita è quello di accaparrarsi un maschio ricco. La città è invasa: donnette (o pseudo tali)che girano mano nella mano con uomini-carta di credito, pronti ad aprire il portafoglio ad ogni singola richiesta.

Eppure avevamo chiesto di farci entrare in politica rappresentando, non dico la maggioranza, ma almeno un discreto numero. E poi quanta fatica facciamo ogni giorno, a far comprendere al maschio alfa, che se abbiamo le tette grosse e un bel culo, non è detto che il nostro cervello debba essere piccolo quanto una nocciolina.

 

Certo, i modelli televisivi non ci aiutano affatto: il jet set è popolato solo da modelline esili che si accompagnano a calciatori eccessivamente pagati, e molte di noi da casa, credono che auto affermarsi senza dipendere economicamente da un uomo, sia un fatto che non valga la pena neanche considerare. Perché perdere tempo ad urlare che esistiamo, se possiamo farci conoscere attraverso un uomo potente?

Intendiamoci, qui non parliamo di donne che si affiancano a uomini che hanno la buona creanza di fare i cavalieri. Io sono per la cavalleria: mi piace l’uomo galante, che quando mi porta fuori vuole omaggiarmi offrendomi la cena o il drink all’aperitivo (ma il gesto di aprire la borsetta, nonostante tutto, lo faccio sempre). Ma da qui a dire che mi piace sopravvivere alle spalle di un uomo che ha un conto in banca sostanzioso, ci passa il mare.

 

Vi pare possibile che tra l’ era di Jane Austen  e la nostra, sembri non esserci alcuna differenza? Vi pare normale che esistano ancora donne che scelgono l’uomo ricco, per farsi mantenere?
Partendo da un assunto antropologico semplice, secondo l’universale regola che manda avanti l’umanità, la donna psicologicamente trova sicurezza nell’uomo che può assicurarle dei mezzi di sostentamento di un certo livello. Ecco dunque spiegato il motivo secondo il quale, tra un uomo povero ma bello, e un uomo ugualmente bello ma ricco, la donna preferisce quasi sempre quello bello e ricco. Ora, lungi da me il voler essere ipocrita su queste pagine, mi sento di affermare tranquillamente che anch’io appartengo alla categoria che sceglierebbe il bello ma ricco, eppure, mi sentirei comunque poco serena, ad avere la consapevolezza di dover vivere alle spalle di un uomo, contare sul suo stipendio, non dover attingere mai al mio, non avere la possibilità di unire la mia identità e l’indipendenza sociale a quella economica.

 

Al sud questa pratica è ancora del tutto in voga: ragazze di ventisei o ventisette anni, già scrutano tra i loro compagni di comitiva quelli più appetibili, o le cui famiglie possono assicurare loro una vita agiata in futuro. Non importa se ci si ami, quante volte a settimana si faccia sesso, quanta passione ci sia nei confronti  dell’uomo in questione: ciò che conta davvero, è la dichiarazione dei redditi annuale, sua e della “di lui” famiglia.

L’amore è andato a finire in uno di quei file da rispolverare ogni tanto: quello che troviamo sotto la voce “estratto conto”.

 

Ciò che però davvero mi sento di condannare, è l’inutile spreco che queste donne fanno del loro cervello (qualora ne possiedano uno), per esempio dopo aver passato anni e anni a studiare per prendersi uno straccio di laurea. Improvvisamente, i loro unici impegni di vita da sposate o da conviventi, diventano le lavatrici, i piatti nella lavastoviglie, i panni da stirare, e nel futuro immediato, lo shopping che fanno con le carte di credito dei loro compagni.

 

Non so perché ancora nel 2013, molte donne scelgano di dipendere economicamente da un uomo, sfruttando il fatto che in caso di separazione da matrimonio, la legge sia dalla loro parte, però so che per le molte donne mantenute che esistono, ce ne sono altrettante che con fierezza e fatica, lottano ogni giorno per assicurarsi una vita degna, senza aver bisogno di dire “grazie” a nessuno. Si svegliano ogni mattina, e sui loro posti di lavoro, possiedono dei capi che vorrebbero annientarle, e guadagnano stipendi che non sono equiparati a quelli dei loro colleghi uomini. Crescono figli da sole, perché hanno conosciuto uomini egoisti che le hanno abbandonate da un momento all’altro. Oppure sono libere, felici di compiere sacrifici per potersi permettere un affitto che ancora di più, conferisce loro il massimo dell’indipendenza e della felicità.

 

Ecco, è a queste DONNE che va il mio plauso. E non lo dico con istinto femminista – perché io e il femminismo non siamo mai andate d’accordo – però riflettete: se questa “rivoluzione” avesse davvero avuto un po’ di senso, perché vedo ancora girare per questa città, fighette senza colonna vertebrale, la cui unica veste è l’abito di Gucci acquistato per loro da un povero malcapitato?

           

                                            Amore e “dote” ai tempi di Jane Austen


lunedì 17 giugno 2013

domenica 16 giugno 2013


LE CORNA.

 

A vent’anni credevo che il mondo fosse tutto rose e fiori. Credevo che per tutti esistesse un solo unico amore. Credevo che avrei sposato il mio ex storico con l’abito bianco e una cerimonia semplice, durante la quale i nostri parenti ci avrebbero applauditi con orgoglio. Credevo che la passione si potesse relegare a una sola persona nella nostra vita, e che le gioie del sesso, dovessero essere sempre condivise con qualcuno con il quale avrei vissuto per sempre.

 

Un tempo non concepivo i tradimenti, ma era perché avevo vent’anni, e pensavo che il mondo fosse tutto rose e fiori. Pensavo che le persone si amassero di continuo, che non avessero debolezze, che non potessero mai cadere vittima di passioni fuorvianti.

A trent’anni invece – quando ho smesso di credere alle favole, e di raccogliere margherite fresche di campo!!! - ho acquisito la consapevolezza che la monogamia non esiste…o quasi. Mi piacerebbe pensare che i rapporti uomo-donna filino sempre lisci, e che nel cammino non ci siano mai tentazioni, ma la dura verità, riserva ciò che tutti conosciamo, ma nessuno confessa.

 

Quanti di voi sono riusciti a confessare un tradimento? E cosa ne è scaturito dopo? E’ proprio vero che un tradimento cambia l’intera prospettiva del rapporto?

 

 

Se parlo di tradimento, mi piace distinguerlo in due diverse tipologie; l’uno, non è più o meno grave dell’altro, semplicemente, sono due cose diverse. La prima tipologia è il tradimento con la “t” minuscola, quello occasionale, che pur rappresentando un chiaro segnale di crisi annunciata in una coppia, avviene spesso per noia, e per “ritrovare il brivido perduto”. Questa tipologia, vede come diretti protagonisti, quelli che io chiamo “traditori seriali”, ovvero donne e uomini annoiati dalla routine, che cercano di dare una scossa alle proprie vite, gettandosi in passioni continue e poco durature. Normalmente, rientrano maggiormente in questa categoria gli uomini, perché più predisposti ai tradimenti “touch and go”, che avvengono per ragioni di mera fisicità.

 

Ben più preoccupanti invece, sono i Tradimenti con la “T” maiuscola, perché perpetrati nel tempo, e spinti più dall’ empatia e dall’attrazione mentale, che dalla questione fisica. Quest’ultima tipologia di tradimento, è forse più diffusa tra le donne (ma non necessariamente), in quanto le donne subiscono una vera e propria “fascinazione” dell’altro, elevandolo a oggetto agognato, e idealizzandolo. Infatti, spesso e volentieri, gli uomini con cui tradiscono, possono non essere affatto degli adoni, ma persone che cerebralmente trasmettono una marcia in più.
Ciò non toglie che anche noi donne spesso tradiamo senza una vera e propria ragione, ma spinte magari dallo zelo del momento. Quello che è certo però, è che in entrambi i casi, il tradimento avviene per noia, per mancanza di stimoli nuovi, e per condivisioni che vanno pian piano scemando.

 

Tra i miei tanti amici uomini etero, diversi di loro mi raccontano di tradire le loro partner, perché queste ultime nel tempo danno per scontata la loro vita di coppia, lasciandosi andare fisicamente ad un aspetto poco gradevole, e abbandonando ogni tipo di regola seduttiva. Da donna posso confermarlo, ma trovo anche riduttivo attribuire l’intera responsabilità alle loro partner.  Credo piuttosto che la fine della passione possa essere un fatto che dipende da entrambi: talvolta da parte di tutti e due viene meno la volontà di rinnovamento, e ci si incammina verso una tacita fine.

Per qualsiasi motivo avvenga, secondo me nel tradimento si verifica comunque un concorso di colpa, perché nasconde verità taciute, disagi non detti, noie e stanchezze che si è preferito tenere inconfessate all’altro. Non dovremmo mai prendere coscienza di essere stati traditi, se per primi non ci mettiamo in discussione riguardo alle reali motivazioni che hanno spinto l’altro a compiere l’infame gesto. Certo, questo non significa che dobbiamo per forza essere capaci di perdonarlo, ma di sicuro, dopo aver superato lo choc iniziale, potremmo fare un grosso lavoro su noi stessi, mettendoci in discussione, ma rimanendo comunque consapevoli del fatto che un giorno, potremmo essere noi “i traditori”, anziché i traditi.

 

Del resto, nelle faccende di cuore, nessuno è perfetto, e per quanto mi riguarda, vige pure la regola del “mai dire mai”. Per questo motivo, se - come me a vent’anni - anche voi passate il vostro tempo nei campi di fiori a “raccogliere margherite”, forse è il momento di darvi una svegliata, e capire che il tradimento è una pratica che non passa mai di moda, e che per debellare il fenomeno, non esiste una cura!!!

 

Alla luce di tutto questo allora, quali sono le principali avvisaglie di tradimento da parte dei vostri partner? Esistono vari campanelli d’allarme, primo tra tutti, l’utilizzo sfrenato dei mezzi di comunicazione, quali telefono, computer, e di riflesso, anche delle varie applicazioni tipo “Whatsapp”, o social network di vario genere.

A volte, il primo modo per smascherare un tradimento, è attraverso il telefono, e successivamente vengono le e-mail e tutto il resto. Tuttavia, non è proprio stabilito che chi tradisce non sia anche molto esperto nel farlo, cancellando ogni traccia. A quel punto, se siete ricchi, potreste ingaggiare un detective privato e metterlo alle calcagna del sospettato/della sospettata.
Se invece in era di crisi preferite risparmiare, compratevi un impermeabile beige, fatevi crescere i capelli in testa (modello fratta di vigneto) e calatevi nei panni del Tenente Colombo!!! Sappiate però che l’esperienza riporta storie tristissime di gente presa a botte per strada e mandata in ospedale dopo essere stata beccata in flagrante. Io credo di essere – finora – l’unica donna al mondo che dopo aver beccato un ex in flagrante con un’altra, gli è passata accanto senza batter ciglio, salutandoli entrambi con estrema calma. La sua brutta faccia “bianca di paura”, non la dimenticherò facilmente, e nemmeno le lacrime che ho versato successivamente in separata sede.

 

Va poi detto che esistono persone che hanno talmente paura a troncare una relazione e restare sole dando una svolta decisiva alle loro vite, che si terrebbero le corna in testa nei secoli dei secoli, e forse anche oltre, ma a quel punto, è sempre di moda il detto che recita ancora mia nonna “che chi è causa del suo mal, pianga se stesso”.

E qui, concludo parlando brevemente anche di perdono. Il perdono è un fatto troppo personale perché io possa convincere ognuno di voi ad applicarlo. Solo voi sapete davvero fino a che punto siete disposti ad accettare, oppure abbandonare, voltare pagina, e andare avanti.

 

Quello che posso dirvi per sdrammatizzare forse, è che le corna sono come un brutto vestito: se decidete di indossarlo, è perché siete sicuri che addosso a voi sta veramente bene!!!

 

 

sabato 15 giugno 2013

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giovedì 13 giugno 2013


SETTE RAGAZZE PER ME.

 

La bella notizia è che su questo pianeta ci sono sette donne per ogni uomo.

La brutta notizia è che quindi, su questo pianeta c’è un uomo per ogni sette donne.

 

A leggere la prima frase, noi donne ci eravamo tutte un po’ rilassate: “Fico essere in maggioranza… vuol dire che prima o poi, in questa società rivestiremo anche cariche di rilievo!”.

Riflettendo bene sulla seconda invece, la tristezza incombe acuta, e ci fa comprendere ancora più spudoratamente il dramma dei nostri giorni.

Per quanto mi riguarda, a causa di questa statistica, siamo una società in via d’estinzione: certo, il maschio alfa “portatore di seme” esiste (anche se in minoranza), ma essendo inferiore al numero di donne presenti, o si accompagna a diverse di loro a più riprese, oppure si affianca solo a poche di loro, lasciandone altre a bocca asciutta.

Se poi ci mettiamo che su sette uomini, almeno tre di loro apparterranno certamente alla sponda degli omosessuali, il rapporto diventa di uno a quattro, e le possibilità di “accoppiamento” sono ancora più ridotte!!!

 

Cavolo, noi donne pensavamo di essere sopravvissute a qualsiasi brutta faccenda: i dolori mestruali, le gioie del parto e della gravidanza, le infezioni vaginali, i tacchi alti… e invece no! Ci siamo dimenticate il motivo per il quale alcune splendide tra noi, sono rimaste sole.

Non bastava una società già difficile di per sè, fatta di incomprensioni tra uomini e donne, e di difficoltà nel capire che gli uni vengono da Marte, e le altre, da Venere. Ora ci mancava solo di sapere che ce ne sono sette di noi tra cui scegliere, per uno solo di loro!!!

 

Ecco dunque spiegata la totale assenza di solidarietà femminile: Secondo la regola dell’offerta che supera la domanda, in futuro saremo sempre più noi donne a buttarci in maniera ancora più spudorata nelle braccia di uno già impegnato. Lo credo! Ne esiste uno ogni sette, meglio dividerselo!

E che ne sarà degli uomini di una volta, quelli che quando ti portavano fuori, erano capaci di offrirti un drink senza farti mai aprire il portafoglio? Saranno sostituiti da uomini ai quali saremo costrette NOI a pagare un drink tutte le volte che LORO sceglieranno di uscire con NOI!!! Eh si perché, siccome per LORO ce ne sono sette disponibili, automaticamente decadrà anche la cavalleria, e non saranno più LORO a chiederci di uscire, ma saremo NOI a pregare LORO di farci compagnia per una sera.

E chissà cosa accadrà invece, a quelle di NOI che sceglieranno di non “concedersi” da subito: semplice! Verranno mollate istantaneamente per altre cinque o sei di noi pronte a “donarsi” sin dopo il primo minuto di conoscenza!!! In pratica, se un tempo potevamo tenerceli stretti almeno fino a che non ci eravamo concesse, da questo momento in poi, non possiamo nemmeno più giocarci questa possibilità, perché ad ogni angolo di strada, LORO troveranno altre sei di NOI pronte a “donarsi”.

 

Insomma, trovare qualcuno con cui condividere è diventata una vera odissea, ma ancora di più, è diventato difficile coltivare le relazioni, visto che il “mercato” soffre dello squilibrio tra domanda e offerta.

Rassegnamoci: L’altra metà della mela è sempre più lontana.
 

GENESI DI “QUI NON E’ HOLLYWOOD”.

Roma, la mia città. Cinecittà, la zona in cui vivo. Un giovedì pomeriggio qualsiasi di giugno. Ho dovuto abbassare un po’ la tapparella per impedire al sole di entrare violentemente e scaldare troppo queste pareti. Fuori, trentuno gradi. Dentro, come sempre, il tumulto.

Qui, non è Hollywood, siamo a Cinecittà, e l’amore qui, non è sempre come lo vediamo nei film.

 

Volevo diventare una scrittrice di successo. Del resto, che c’è di male? Tutti abbiamo dei sogni, no? Certo, questo storicamente non è il momento adatto per coltivarne: dobbiamo piuttosto pensare a produrre, a procurarci il pane, a portare a termine giornate alle quali non siamo esattamente sicuri che sopravviveremo. E allora scrivo proprio per questo: perché scrivere mi aiuta a sopravvivere, e scrivere dei tanti fatti che mi capitano, mi fa stare bene.

Ho imparato ad osservare le persone, a nutrirmi dei loro atteggiamenti, e a trarre qualcosa di positivo da ogni situazione amorosa, e da ogni fatto che capita a me e a loro. Guardo, osservo, vivo, e scrivo.

 

Poi scrivo perchè come dice Gigi Marzullo “I sogni aiutano a vivere meglio”, e siccome mi hanno chiesto un sacco di soldi per pubblicare i miei due romanzi, mentre aspetto la svolta della mia vita con una grande casa editrice che forse mi finanzierà, mi faccio conoscere un po’ attraverso questo blog.

Infine, scrivo perché come tutti voi, sono vittima del quotidiano. Del lavoro, delle scadenze a fine mese, dei capi, di una vita che mi sta troppo stretta, delle occasioni mancate, e a volte pure di me stessa…

 

Si vabbè, ma poi perché scrivere di uomini, di donne, di relazioni sentimentali? Chi sei te per capirci qualcosa di relazioni sentimentali? Non sarai mica una sociologa, un’antropologa, una di quelle “guru” americane, che scrivono libri sul successo nelle relazioni, propinando al mondo intero delle finte verità assolute?

No no, nient’affatto! Io nella vita sono una semplice impiegata trentenne, una che forse ne sa molto meno di voi, perché in fondo alla mia età sono ancora single. Ma questo non vuol dire niente: io nella mia “singletudine” ci sguazzo bene: mi piace stare sola, non bramo per incastrare l’uomo dal quale mi farò mettere l’anello al dito, non percepisco lo zelo dell’orologio biologico, e detto tra noi, i bambini non mi piacciono nemmeno tanto.

 

Con queste prospettive, che altro potevo fare nella mia vita, se non scrivere? Io lo dicevo a tutti quand’ero bambina che non mi sarei mai sposata! Eppure nessuno mi credeva. Tutti rispondevano “si, ora dici così, ma poi cambierai idea!”.

E invece no! Non ho cambiato idea, e manco voglio cambiarla: io al matrimonio come punto d’arrivo non ci credo, e nemmeno ai figli come completamento delle nostre vite.

Però credo tanto nelle passioni, e pure negli amori un po’ strambi. Quindi oggi cosa faccio? Do seguito a ciò che già facevo anni fa in un altro blog (la cui veste e grafica non mi appartengono più), e scrivo di uomini, di donne, e di ciò che muove il mondo.

 

Serve a me, ma sono sicura che se mi state leggendo, servirà anche un po’ a voi. So che molti di voi ci si ritroveranno in queste storie tratte dalla realtà. So che molti altri ancora invece, le criticheranno, e le guarderanno con distacco, definendomi come una piena di sé, che ancora non ha capito cosa vuole dalla vita.

 

La seconda cosa è un po’ vera, la prima no. Se fosse vera la prima, non mi ritroverei qui a mettermi in discussione.

Ma poi perché questo blog ho voluto chiamarlo “QUI NON E’ HOLLYWOOD?”. Semplice! Perché l’amore non è sempre come lo vediamo nei film, purtroppo. E siccome noi non siamo fatti di ferro, e il nostro cuore non è solo un muscolo nel petto, ogni tanto, essere concreti e restare legati alla realtà, è utile.

Posso pure sognare di svegliarmi ogni mattina a Hollywood, ma la verità è che questa è Cinecittà, e se mi affaccio dal balcone non vedo Beverly Hills, ma la cupola della Basilica di Don Bosco, e questo fatto, nella mia ironia, mi rende anche molto fiera.

Un avviso: io cercherò di pubblicare tutti i commenti che arriveranno, ma mi riservo di moderarli, perché pur rispettando le idee altrui, non consento offese.

BENVENUTI, E BUONA LETTURA!